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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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zione democratica dei fondamenti ultimi della convivenza civile europea. Tale volontà comune dei<br />

pur diversi popoli d’Europa veniva, in secondo luogo, giustificata in base all’esistenza di una loro<br />

comune cultura anche giuridica o anzi legale (“una comune tradizione legale”) e la faceva consistere<br />

precisamente nel “rispetto della dignità umana e dei <strong>diritti</strong> fondamentali”. E in terzo luogo faceva<br />

appello direttamente agli stessi “cittadini” europei, perché sostenessero tale Dichiarazione (con un<br />

evidente riferimento a un’accentuata partecipazione alle imminenti elezioni del PE).<br />

Per quanto riguarda il contenuto della Dichiarazione, esso consisteva in una serie di articoli, che dichiaravano<br />

altrettanti <strong>diritti</strong> e libertà fondamentali: la dignità dell’essere umano, il diritto alla vita,<br />

l’uguaglianza di fronte alla legge, la libertà di pensiero, la libertà di opinione e d’informazione, la<br />

tutela della vita privata (privacy), la protezione della famiglia, la libertà di movimento, il diritto di<br />

proprietà, la libertà di riunione, la libertà di associazione, la libertà di scegliere un’occupazione, il<br />

diritto a giuste condizioni di lavoro, i <strong>diritti</strong> sociali collettivi, il diritto all’assistenza sociale, il diritto<br />

all’educazione, il principio della democrazia, il diritto all’accesso all’informazione, il diritto<br />

all’accesso alla giustizia, l’irripetibilità del procedimento giudiziario per il medesimo reato (non bis<br />

in idem), la non retroattività della legge, l’abolizione della pena di morte, il diritto di petizione, il<br />

diritto a vivere in un ambiente sano e alla protezione del consumatore.<br />

L’ampio spettro di tali <strong>diritti</strong> e libertà fondamentali del cittadino europeo davano l’idea di quanto<br />

consistente e insieme peculiare fosse la “comune tradizione legale” europea, a cui la Dichiarazione<br />

si appellava. Ma ancor più importante era il fatto che la maggior parte di essi era riconosciuta a<br />

qualsiasi persona, anzi a qualsiasi essere umano risiedesse nel territorio della Comunità europea. I<br />

peculiari <strong>diritti</strong> dei cittadini europei veri e propri, identificati nei cittadini degli Stati membri, erano<br />

invece i seguenti:<br />

a) per quanto riguarda l’uguaglianza davanti alla legge,<br />

“3. Sarà proibita ogni discriminazione tra cittadini europei per motivi di nazionalità.”;<br />

b) per quanto riguarda la libertà di movimento,<br />

“1. I cittadini della Comunità avranno il diritto di muoversi liberamente e di scegliere la loro residenza entro il territorio<br />

della Comunità. Essi possono svolgere l’occupazione di loro scelta entro tale territorio.<br />

2. I cittadini della Comunità saranno liberi di lasciare il e ritornare nel territorio della Comunità.”;<br />

c) per quanto riguarda il principio della democrazia:<br />

“3. I cittadini europei avranno il diritto di prendere parte alle elezioni dei membri del Parlamento Europeo, per mezzo di<br />

un suffragio universale, libero, diretto e segreto.<br />

4. I cittadini europei avranno un uguale diritto a votare e a candidarsi per l’elezione.”.<br />

Si trattava di <strong>diritti</strong> di natura sia civile, sia politica, attribuiti a cittadini, che venivano ormai denominati<br />

“europei” o “della Comunità”, e non più “degli Stati membri”, in quanto proprio tale Dichiarazione<br />

voleva costituire la base giuridica di una nuova “<strong>cittadinanza</strong> europea”, prima ancora che<br />

quest’ultima fosse prevista dai trattati europei.<br />

Per quanto riguarda il “campo d’applicazione” di tale Dichiarazione, in essa si dichiarava:<br />

“1. La Dichiarazione offrirà protezione per ogni cittadino nel campo d’applicazione della legge della Comunità.<br />

2. Laddove siano posti certi <strong>diritti</strong> a parte per i cittadini della Comunità, può essere deciso di estendere tutti o parte di<br />

questi <strong>diritti</strong> ad altre persone.”<br />

Il primo punto chiariva: che tale Dichiarazione (una volta incardinata nei trattati costitutivi e quindi<br />

avente un vincolante valore legale) avrebbe comportato che la “legge della Comunità” ossia gli atti<br />

giuridici di essa aventi valore obbligante o vincolante avrebbero dovuto essere coerenti con i <strong>diritti</strong><br />

e le libertà fondamentali (sanciti dalla Dichiarazione stessa); che la Dichiarazione avrebbe perciò<br />

offerto una “protezione per ogni cittadino” europeo di fronte a qualsiasi eventuale violazione di tali<br />

<strong>diritti</strong> da parte non solo delle istituzioni comunitarie (nell’atto di proporre, predisporre, approvare e<br />

far eseguire la “legge”), bensì anche degli Stati membri (nell’atto di applicarla, attraverso la legislazione<br />

nazionale, nel rispettivo territorio); che “ogni cittadino” europeo avrebbe quindi potuto appellarsi<br />

sia ai tribunali nazionali, sia alla Corte di giustizia europea contro chiunque, per veder rispetta-

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