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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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tiene che il nuovo trattato non riconosca sufficientemente la, procedura di codecisione, prevista all’articolo 251 del<br />

TCE, quale regola generale per la presa di decisioni nell’Unione”;<br />

- “è preoccupato per la complessità che il trattato di Nizza introduce in molte basi giuridiche alle quali estende il voto a<br />

maggioranza qualificata”.<br />

Quanto alle “cooperazioni rafforzate”, il PE notava:<br />

- “è dell’avviso che il ruolo riservatogli per l’autorizzazione delle cooperazioni rafforzate sia insufficiente e antidemocratico,<br />

segnatamente nei settori vitali del primo pilastro per i quali nel Consiglio viene mantenuta l’unanimità”;<br />

- “deplora che il metodo intergovernativo, caratteristico del secondo pilastro, sia stato applicato anche alle cooperazioni<br />

rafforzate in materia di politica estera e di sicurezza – il che rende pertanto possibile il veto di uno Stato -, e che il suo<br />

ruolo sia stato ridotto a un semplice diritto di essere informato e che la Commissione si limiti a formulare un parere”;<br />

“ deplora che le strategie comuni e la politica di difesa siano state escluse dal campo di applicazione delle cooperazioni<br />

rafforzate”.<br />

Concluso così il bilancio del trattato di Nizza, il PE emetteva una “dichiarazione sul futuro<br />

dell’Europa”, nei seguenti termini:<br />

- “ritiene che il dibattito debba avvenire tanto a livello europeo, quanto a livello nazionale; è dell’avviso che<br />

l’organizzazione del dibattito e la valutazione dei suoi risultati, soprattutto in ambito nazionale, siano responsabilità dei<br />

governi e dei Parlamenti nazionali; consiglia la creazione, tanto negli Stati membri, quanto nei Paesi candidati, di un<br />

comitato, composto da rappresentanti del governo e del Parlamento e di deputati europei, incaricato di orientare e incoraggiare<br />

il dibattito pubblico”;<br />

- “è dell’avviso che il risultato finale della prossima riforma dei trattati dipenda sostanzialmente dalla sua preparazione;<br />

per tale motivo raccomanda la creazione di una Convenzione ( i cui lavori dovrebbero essere avviati all’inizio del<br />

2002), formata da membri dei Parlamenti nazionali, del Parlamento Europeo, della Commissione e dei governi, secondo<br />

il modello e la composizione della Convenzione sui <strong>diritti</strong> fondamentali, e incaricata di presentare alla CIG una proposta<br />

costituzionale, fondata sui risultati di un vasto dibattito pubblico e che funga da base per i lavori della CIG”;<br />

- “prende atto del fatto che i quattro temi esplicitati nella dichiarazione 23 non sono esclusivi e afferma che un dibattito<br />

sul futuro dell’Europa non può essere limitato, motivo per cui presenterà proposte concrete in vista del Consiglio europeo<br />

di Laeken”;<br />

- “si pronuncia favorevolmente sulla convocazione della CIG per il secondo semestre del 2003, di modo che il nuovo<br />

trattato possa essere approvato a dicembre dello stesso anno, facendo in modo che le elezioni europee del 2004 possano<br />

dare un impulso democratico al processo di integrazione europea e in modo da poter partecipare a tale processo, insieme<br />

alla Commissione, nelle migliori condizioni possibili”;<br />

- “ritiene che il futuro funzionamento dell’Unione dipenderà dai risultati della prossima riforma, risultati di cui terrà<br />

conto al momento di esprimere il proprio parere conforme sui trattati di adesione”.<br />

Complessivamente la risoluzione, già nelle sue premesse, segnalava dunque l’intenzione del PE di<br />

dare un respiro “costituzionale” al previsto dibattito sul “futuro dell’UE” e di concludere i lavori<br />

della nuova CIG con l’”adozione di una Costituzione dell’Unione Europea”. Essa avrebbe dovuto<br />

integrare i provvedimenti mancati a Nizza (inserimento della Carta, riduzione dei tre pilastri alla<br />

struttura comunitaria, generalizzazione della procedura di codecisione con voto a maggioranza qualificata<br />

ecc.). E tuttavia l’accento principale veniva posto sulla procedura del nuovo processo di riforma:<br />

la qualità del dibattito pubblico (dipendente dal grado di <strong>attiva</strong>zione dei governi nazionali),<br />

la scelta del modello della Convenzione per approntare il progetto di trattato, i tempi della sua convocazione<br />

(inizio del 2002) e di quella della CIG (seconda metà del 2003) e della firma del trattato<br />

(dicembre 2003), con un calendario del tutto funzionale alle elezioni del 2004, concepite come una<br />

sorta di “plebiscito paneuropeo” sulla futura Costituzione. E ancora una volta tutte queste richieste<br />

del PE saranno puntualmente accolte, sino all’intoppo che si verificherà nel corso della CIG del<br />

2003 e che farà saltare proprio alla fine la tabella di marcia e il piano d’azione del PE.<br />

Nel frattempo era iniziato il processo delle ratifiche del trattato di Nizza e persino rispetto a<br />

quest’ultimo si verificava, ancora una volta, il caso di un referendum nazionale con esito negativo<br />

ossia del referendum irlandese del 7 giugno 2001 sulla ratifica del trattato di Nizza. Il suo risultato<br />

negativo, determinato soprattutto dal rifiuto della PESD, poneva ormai inquietanti interrogativi sul<br />

grado di consenso esistente, almeno in alcuni Stati membri, sull’UE. E tutto sembrava, ancora una

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