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POR EMILIA-ROMAGNA OB. 3 FSE 2000-2006 - Dps

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La situazione in Emilia Romagna diverge leggermente da quella nazionale. Il rapporto<br />

<strong>2006</strong> sul mercato del lavoro in Emilia Romagna ha già sottolineato la connotazione<br />

atipica e flessibile del lavoro al femminile. Se si registra infatti una ripresa<br />

dell’occupazione nell’ultimo anno, essa assume caratteri diversi a seconda del genere:<br />

per i maschi si tratta di occupazione di tipo tradizionale, dipendente e a tempo<br />

indeterminato; per le femmine essa assume forme di lavoro atipico, come suggeriscono<br />

anche le rilevazioni Excelsior. Dai dati disponibili, emerge il calo dell’occupazione<br />

dipendente standard e del lavoro autonomo e, di converso, l’incremento del tempo<br />

determinato, del lavoro atipico e del part time a tempo indeterminato per le donne. In<br />

totale, rispetto al 2004, l’occupazione atipica è cresciuta del 3,6%: mentre però per i<br />

maschi essa ha registrato un -1,5%, per le donne essa è aumentata del 5,9%, con punte<br />

del 12,8% per il part time a termine e del 12,6% per il part time a tempo indeterminato.<br />

In valori assoluti, il lavoro atipico conta 271mila occupati tra le donne e “solo” 115mila<br />

tra i maschi.<br />

Nel 2005, i settori che hanno mostrato una maggiore intensità di occupazione sono stati<br />

l’industria della trasformazione, il commercio, istruzione e sanità, e i servizi alle<br />

imprese. La suddivisione di genere, tuttavia, presenta una forte concentrazione delle<br />

donne nei servizi e nel commercio, mentre essa diminuisce nell’industria. In tutti i<br />

settori, la quota di occupati atipici è più alta tra le donne con punte del 42% in<br />

agricoltura e del 22% nel turismo. In generale, tuttavia, occorre segnalare come la<br />

diffusione del lavoro atipico sia avvenuta oramai in tutte le attività economiche. Le<br />

professioni nelle quali l’incidenza del lavoro atipico è più alta sono quelle non<br />

qualificate (36,4% del totale), le professioni impiegatizie (29,8%) e le professioni<br />

qualificate nel commercio (29,3%). Di contro, le professioni nelle forze armate<br />

mostrano un tasso di occupati atipici molto più basso (1,3%), così come i legislatori, i<br />

dirigenti e gli imprenditori (6,4%) e gli operai semiqualificati (12,6%). Anche in questo<br />

caso, le professioni atipiche sono più frequenti tra le donne rispetto ai maschi.<br />

La diffusione territoriale del lavoro atipico mostra un’incidenza maggiore del part time<br />

e degli altri atipici nel territorio romagnolo rispetto a quello emiliano. Chiaramente, il<br />

ruolo del comparto turistico in province quali Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, dove<br />

maggiore è la diffusione del lavoro atipico può spiegare questa differenza. Al contrario,<br />

a Reggio Emilia, Piacenza, Parma, Bologna e Modena, si registrano tassi più bassi di<br />

lavoratori atipici. A Rimini, quasi il 45% del lavoro femminile totale è atipico; a Forlì-<br />

Cesena la percentuale scende di poco al di sotto del 40%, mentre a Reggio Emilia non<br />

arriva a toccare neppure il 30% e a Modena e a Piacenza supera di poco il 30%.<br />

L’analisi degli atipici per classe di età e sesso mostra alcune dinamiche interessanti. La<br />

prima riguarda il numero totale di lavoratori atipici che aumenta tra i 20 e i 24 anni, in<br />

concomitanza con l’ingresso nel mercato del lavoro di molti giovani, sia per i maschi,<br />

sia per le femmine. Tuttavia, all’aumentare delle classi di età, il lavoro atipico diventa<br />

appannaggio delle femmine e diminuisce invece per i maschi. La dinamica assume<br />

contorni più netti per gli occupati part-time a tempo indeterminato, per i quali la<br />

componente femminile è di gran lunga superiore a quella maschile in tutte le classi di<br />

età. Nel terzo caso, “gli altri occupati atipici”, la dinamica seppure favorisca sempre le<br />

donne, appare meno netta.<br />

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