POR EMILIA-ROMAGNA OB. 3 FSE 2000-2006 - Dps
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lavoro e delle relazioni industriali, e dall’altro la sicurezza occupazionale ed economica,<br />
soprattutto per i gruppi sociali più vulnerabili.<br />
Si può tentare un’esplosione ulteriore del concetto per quanto attiene alla flessibilità:<br />
(a) flessibilità esterna numerica (difficoltà o semplicità di assumere o licenziare un<br />
lavoratore e la misura in cui i contratti a tempo possono essere impiegati);<br />
(b) flessibilità interna numerica (difficoltà o semplicità di cambiare la quantità di<br />
forza di lavoro impiegata in un’impresa senza ricorrere a licenziamenti o<br />
assunzioni);<br />
(c) flessibilità funzionale (difficoltà o semplicità di cambiare l’organizzazione del<br />
lavoro o l’abilità/inabilità dei lavoratori e delle imprese ad adattarsi ai<br />
cambiamenti);<br />
(d) flessibilità salariale (il grado di risposta dei costi salariali alle condizioni<br />
economiche).<br />
Per quanto concerne la sicurezza, essa si riflette nei seguenti aspetti:<br />
(a) sicurezza del lavoro (aspettativa rispetto a quanto sia stabile un lavoro<br />
specifico);<br />
(b) sicurezza occupazionale (aspettativa rispetto a rimanere nel mercato del lavoro,<br />
non necessariamente presso lo stesso datore di lavoro);<br />
(c) sicurezza del reddito (il livello dei sussidi ai redditi nel caso di licenziamento);<br />
(d) sicurezza combinata (abilità o inabilità di combinare il reddito da lavoro con<br />
altre attività sociali o private).<br />
Il modello che spesso si prende in riferimento per la flessicurezza è quello danese<br />
composto da una legislazione relativamente debole per quanto concerne la protezione<br />
occupazionale; una rete sociale di sicurezza molto generosa per i disoccupati; alta<br />
intensità di spesa (per disoccupato) delle politiche attive del lavoro. Esso comporta un<br />
basso livello di protezione dei lavoratori contro eventuali licenziamenti con elevati<br />
sussidi di disoccupazione e una politica occupazionale che poggia sul diritto/dovere per<br />
il lavoratore di seguire percorsi formativi. Il concetto di sicurezza del lavoro viene<br />
pertanto sostituito dalla sicurezza occupazionale. Il dialogo sociale tra datori di lavoro e<br />
lavoratori è un aspetto importante del modello di flessicurezza.<br />
Mentre la flessicurezza sembra la giusta risposta alle sfide dell’economia odierna,<br />
sorgono alcuni dubbi sulla trasferibilità del modello alle economie non scandinave. La<br />
flessicurezza potrebbe essere compresa soltanto re-interpretando la tradizione del<br />
dialogo sociale maturata dai paesi nordici. Questa tradizione non esiste in molti paesi,<br />
come per esempio nell’Europa centro-orientale. In altri paesi invece, soprattutto nel<br />
Mediterraneo, le relazioni tra sindacati e datori di lavoro sono sempre state piuttosto<br />
tese. Il modello delle relazioni industriali e dei conflitti di lavoro di paesi come la<br />
Francia e la stessa Italia accoglierebbe male, o con estrema difficoltà, la possibilità di<br />
licenziare i lavoratori più agevolmente per le imprese. Il recente dibattito che è sorto in<br />
Francia tra gli insiders (i lavoratori qualificati con contratti a tempo indeterminato) e gli<br />
outsiders (lavoratori poco qualificati, categorie svantaggiate e vulnerabili, atipici, ecc.)<br />
dimostra quanto sarebbe ostico, oltre che impopolare, consentire alle imprese più<br />
flessibilità esterna, soprattutto per quelle categorie che richiedono maggiori protezioni<br />
sociali e maggiore sicurezza del posto di lavoro. Si tratta di un tema assai complesso e<br />
che solleva umori diversi, il punto tuttavia che si vuole sottolineare qui è la necessità di<br />
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