Relazioni Pol. - Strat. fra Oriente ed Occidente - Università di Trieste ...

strategia insegna che questa è già una situazione da evitare – si aggiunse quello degli
Stretti, in conseguenza dello sbarco alleato nella penisola di Gallipoli.
Anche dopo il suo fallimento, l’esercito ottomano dovette continuare a presidiare
la zona, il che comportava meno forze sui fronti principali. Ancora, si dovette parare,
con le poche forze rimanenti, all’incursione britannica in Iraq, anch’essa fallita, ma
che costituì un ulteriore motivo di dispersione delle forze.
Sul piano interno, infine, vi era la necessità di controllare le popolazioni meno
fidate, residenti in zona di guerra, come gli Armeni ed i Palestinesi, verso i quali il
governo si comportò in modo oltremodo crudele, scatenando una guerra fra etnie, in
qualche caso, e per il resto reprimendo con ferocia i moti, come se l’inutilità di questo
approccio, dimostrata ampiamente nei Balcani, cinquant’anni prima, non fosse ancora
chiara. Il fatto è che a Istanbul regnava il panico, e ad ogni cattiva notizia si reagiva
con isterismo.
La Sublime Porta non poteva reggere da sola l’impatto di tanti impegni e chiese
aiuto alla Germania. Purtroppo per l’impero, nella lotta di titani che fu la Prima
Guerra mondiale, l’alleato principale si trovò talmente impegnato su tutti i fronti,
anche perché doveva compensare l’inaspettata debolezza austriaca, da poter aiutare
molto poco l’alleato islamico, e solo nei casi più critici.
Il collasso dell’impero era quindi inevitabile; si rimane anzi sorpresi dal fatto che
questo abbia resistito fino all’ultimo. Toccò ad un esponente dei Giovani Turchi,
Kemal Pascià, poi soprannominato Atatürk (Padre dei Turchi) raccogliere i cocci,
radunando sufficienti forze – e godendo dell’aiuto sovietico – per cacciare gli age
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