Relazioni Pol. - Strat. fra Oriente ed Occidente - Università di Trieste ...

qual’era l’Occidente – vi era la necessità di pensare in termini strategici, per
elaborare strategie vincenti. Se pensiamo agli anni ’50, quando l’Unione Sovietica si
trovava dal lato sbagliato della deterrenza nucleare, capiamo perché, subito dopo la
morte di Stalin, si concepirono tre approcci nuovi.
Il primo fu la “coesistenza pacifica”. Come disse il Presidente Kruscev, nel
settembre 1959, “ho visto come vivono gli schiavi del capitalismo; vivono piuttosto
bene. Anche gli schiavi del comunismo vivono piuttosto bene, e dunque lasciamo che
vivano come meglio loro piace” 213 . Dietro questa battuta, però, c’era ben altro.
“l’Unione Sovietica continuava a vedere il sistema internazionale – dominato dal
capitalismo occidentale – come fondamentalmente ostile. Ma vi erano anche nuove
occasioni, come quella, per esempio, di stringere alleanze con il Terzo Mondo. Il
pensiero strategico sovietico quindi si allontanò sempre di più dai concetti di
confronto diretto con l’Occidente ed evidenziò sempre di più lo sfruttamento dei
nuovi nazionalismi nel mondo in via di sviluppo” 214 .
Questa era una “strategia indiretta” che mirava a privare l’Occidente, ma in
particolare l’Europa - delle materie prime a basso costo, quasi tutte disponibili nel
mondo in via di sviluppo: se Voi guardate, ad esempio, quali e quante siano le
materie prime della Repubblica Democratica del Congo (ex colonia belga) capirete
l’effetto che si proponeva il Cremlino quando finanziò il movimento secessionista di
Lumumba, alla fine degli anni ’50. Questo approccio trovò la sua massima
espressione nel Mediterraneo, dopo la “Guerra dei Sei Giorni” del 1967, dove
213 J. F. KENNEDY. Strategia di Pace. Ed. Mondadori, 1960. pag. 28 (nota a pie’ di pagina).
214 C. RICE. The Evolution of Soviet Grand Strategy. Da “Grand Strategies in War and Peace” a cura di Paul
KENNEDY. Ed. Yale University Press, 1991, pag.154.
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