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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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sorta di strumento ottico che lo scrittore offre al lettore per consentirgli di<br />

scoprire ciò che forse, senza il libro, non avrebbe visto in se stesso» 419 . Grande<br />

specchio convesso che racchiude il gigantesco nell’infinitesimale, la Recherche è<br />

tale soltanto se sfugge ad un principio di manifestatività che la riveli ed esponga<br />

all’azione erosiva del Tempo 420 . Lanciando la sfida ad ogni principio<br />

cronologico, Proust tenta di farsi gioco del divenire temporale che agisce in noi,<br />

attraverso un’abile sottrazione di sé e della sua opera ad ogni concettualizzazione<br />

ontologica 421 . Ciò d’altronde può osservarsi anche laddove ci si soffermi a<br />

considerare il romanzo proustiano come mero prodotto tipografico, il quale,<br />

restando latente, non solo fa sì che «sotto ogni parola ciascuno [possa mettere] il<br />

suo senso o, per lo meno, la propria immagine, che è spesso un controsenso» 422 ,<br />

ma pure che la scrittura stessa che lo compone sia contraddistinta da un carattere<br />

intrinsecamente indecifrabile, dal momento che «il libro dai caratteri figurati,<br />

non tracciati da noi, è il solo nostro libro» 423 . Ma, invero, quello che potrebbe<br />

sembrare un tratto puramente stilistico-formale, si dimostra coerente con la<br />

complessiva struttura della Recherche 424 . Lungi, infatti, dall’infirmarne<br />

non presa qual essa è nella realtà; ma le nostre stesse frasi, e anche gli episodi, debbono essere<br />

fatti della sostanza trasparente dei nostri momenti migliori, quelli in cui ci troviamo fuori della<br />

realtà e del presente. Di queste gocce di luce son fatti lo stile e la favola d’un libro».<br />

419 M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., pp. 489-490; trad. it. p. 596.<br />

420 M. Proust, Cahier 51, cit. in M. Bardeche, Marcel Proust romancier, cit., vol. 2, pp. 410-411:<br />

«Nous ne voyons que nos corps, parce que ce n’est pas dans la catégorie du temps que nous nous<br />

voyons. Sans celà nous nous verrions prolongés de tous les jours invisibles que nous avons<br />

vécus. Nous nous verrions dans un champ, montés sur des tours plus ou moins hautes, les enfants<br />

presque sur le sol, d’autres déjà haut et les vieillards sur des tours montant si haut qu’elles<br />

touchent presque le ciel et qu’à tout moment nous croyons qu’ils vont tomber: tour qui sont<br />

sorties d’eux-mêmes, qui restent en rapport avec eux, de la gélatine cristalline, obscure et<br />

vivante desquelles ils voient tout ce qu’ils ont vécu, mais, comme en mer, comme en l’air».<br />

421 Cfr. al rigurado le esaustive affermazioni di G. Genette, Figure III, cit., p. 207: «Sappiamo<br />

con quale ambiguità, in apparenza insostenibile, il protagonista proustiano si voti alla ricerca e<br />

all’”adorazione”, insieme, dell’”extratemporale” e del “tempo allo stato puro”; come egli<br />

pretenda di essere, contemporaneamente (e con lui la sua futura opera) “fuori del tempo” e “nel<br />

Tempo”. Qualunque sia la chiave di questo mistero ontologico, vediamo forse meglio adesso<br />

come tale finalità contraddittoria funzioni e si concreti nell’opera di Proust: interpolazioni,<br />

distorsioni, condensazioni, il romanzo proustiano è sens’altro, come ostenta, un romanzo del<br />

Tempo perduto e ritrovato, ma è anche, forse in maniera più sorda, un romanzo del Tempo<br />

dominato, avvinto, stregato, segretamente sovvertito, o meglio: pervertito».<br />

422 M. Proust, Notes sur la littérature et la critique, cit., p. 305; trad. it. p. 108.<br />

423 M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., p. 458; trad. it. p. 559. Con puntuale finezza interpretativa,<br />

R. Dragonetti ha tratto da questi passi la convinzione che lo scopo di Proust sarebbe quello di<br />

«scrivere l’illeggibile nel leggibile, scrivere su più supporti due lingue intrecciate l’una all’altra<br />

onde compensare il risorgere impossibile dell’impressione come tale attraverso la copertura<br />

scritturale del libro stampato, esso stesso raddoppiato dal suo proprio passato» (Id., L’écriture de<br />

l’”impression” dans La Recherche du Temps perdu, in «Saggi e ricerche di letteratura francese»,<br />

XXIII, 1984, pp. 41-72, qui p. 55).<br />

424 R. Curtius, Marcel Proust, cit., nota come nella Recherche «la perfezione formale [sia]<br />

soltanto un aspetto diverso della elaborazione intellettuale, la prosa si organizza in un ritmo<br />

artistico nella stessa misura e con la stessa tensione intellettuale che determinano la descrizione<br />

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