PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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indispensabile al costituirsi della memoria 1087 , la fotografia della nonna si<br />
presenta come «lo specchio del narratore alla prova dell’inagirabile fossato che<br />
separa l’assenza dalla presenza e al contempo le riunisce» 1088 . Ciò nondimeno, la<br />
fotografia non rimemora il passato. L’effetto che essa produce non è quello di<br />
restituire ciò che dal tempo o dalla distanza è stato abolito, ma di attestare che<br />
ciò su cui si appunta lo sguardo effettivamente è stato. Al pressante appello<br />
all’immediatezza che l’atto fotografico sembra avanzare, si contrappone il<br />
principio di preterizione che nella memoria involontaria si concentra 1089 . La<br />
differenza fra l’immagine proiettata dalla memoria e quella proiettata da una<br />
fotografia è d’altronde sancita dallo stesso Proust attraverso la descrizione del<br />
basito sgomento che coglie il narratore, quando, tenendo fissi gli occhi sulla<br />
fotografia della nonna, di colpo esclama: «”È la mia nonna, io sono suo nipote”,<br />
così come una persona colpita da amnesia ritrova il proprio nome» 1090 . Vi è, in<br />
codesta interiezione, la prova di una sorpresa che scaturisce dal vedere rappreso<br />
in tutta la sua eminente sovranità l’accidente visibile del dover accadere di ciò<br />
che è già stato 1091 .<br />
«Ma se invece del nostro occhio, a guardare sarà un obiettivo puramente materiale, una lastra<br />
fotografica, allora (…) [sarà impedito] alla nostra intelligente e pia tenerezza d’accorrere in<br />
tempo per nascondere ai nostri sguardi ciò che essi non dovrebbero mai contemplare, quando<br />
quella è preceduta da questi: i quali, arrivati per primi sul posto e lasciati a se stessi, funzionano<br />
meccanicamente, come pellicole, e ci fanno vedere al posto dell’essere amato che non esiste più<br />
da tempo ma di cui la tenerezza non ci aveva mai consentito di scoprire la morte, l’essere nuovo<br />
che cento volte al giorno essa soleva vestire d’una dolce e menzognera sembianza» 1092 .<br />
Nel tentativo radicale, parrebbe sostenersi in questa pagina, di rimandarci lo<br />
specchio fedele del nostro sguardo, la fotografia riuscirebbe a proporsi come una<br />
1087 M. Proust, Sodome et Gomorrhe, cit., p. 153; trad. it. p. 908: «Una realtà che non esiste per<br />
noi finché non è stata ricreata dal nostro pensiero (…); e così, soltanto in quell’istante – più di un<br />
anno dopo il suo funerale, a causa dell’anacronismo che tanto spesso impedisce al calendario dei<br />
fatti di coincidere con quello dei sentimenti –, in quel desiderio folle di precipitarmi fra le sue<br />
braccia, avevo scoperto che era morta».<br />
1088 P. Kadivar, Marcel Proust ou l’esthétique de l’entre-deux. Poétique de la raprésentation<br />
dans À la recherche du temps perdu, L’Harmattan, Paris 2004, p. 163.<br />
1089 Cfr. R. Barthes, La camera chiara, cit., p. 83; ma pure, poco oltre, p. 86, dove si legge: «La<br />
Fotografia non dice (per forza) cio che non è più, ma soltanto e sicuramente ciò che è stato.<br />
Questa sottigliezza è determinante. Davanti a una foto, la coscienza non prende necessariamente<br />
la via nostalgica del ricordo (…), ma, per ogni foto esistente al mondo, essa prende la via della<br />
certezza: l’essenza della Fotografia è di ratificare ciò che essa ritrae».<br />
1090 M. Proust, Sodome et Gomorrhe, cit., p. 172; trad. it. p. 932.<br />
1091 Come osserva M. Milner, «la foto fa entrare e mettere per così dire in riserva nell’immagine<br />
la globalità del visibile» (Id., La fantasmagorie. Essai sur l’optique fantastique, Puf, Paris 1982;<br />
trad. it. di G. Guglielmi, La fantasmagoria. Saggio sull’ottica fantastica, il Mulino, Bologna<br />
1989, p. 202).<br />
1092 M. Proust, Le Côté de Guermantes, cit., p. 439; trad. it. pp. 165-166.<br />
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