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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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consentire sulla effettiva riuscita da parte dello scrittore tedesco di provvedere ad<br />

una definizione fenomenologica del tempo puro, non fosse altro che per la<br />

struttura che innerva Der Zauberberg, la quale non tende soltanto ad esprimere il<br />

rapporto che corre fra tempo di narrazione e tempo raccontato, bensì pure la<br />

decomposizione che si accompagna alla malattia e alla morte, ovvero la<br />

difficoltà di conciliare il tempo interiore con quello cosmico 662 , si potrà notare<br />

come Mann già muove in direzione di quella ricerca irrequieta ed infinita della<br />

sorgente dell’opera letteraria che è compendiata, al suo più elevato grado di<br />

elaborazione, nella poetica proustiana 663 . In questa, come ha osservato Albert<br />

Camus, lo sforzo che ad ogni pagina si avverte più strenuo di «creare, muovendo<br />

Mann, La montagna incantata, Corbaccio, Milano 1992, pp. 679-689, qui pp. 685-686. In modo<br />

analogo Mann sosterrà in Doktor Faustus. Das Leben des deutschen Tonsetzers Adrian<br />

Leverkühn, erzählt von einem Freunde, Fischer Verlag, Frankfurt a. M. 1960; trad. it. di E. Pocar,<br />

Doctor Faustus. La vita del compositore tedesco Adrian Leverkühn, narrata da un amico,<br />

Mondadori, Milano 1980: «Da una parte abbiamo il tempo personale, dall’altro quello oggettivo,<br />

il tempo in cui si muove il narratore e quello in cui si svolgono le cose narrate. È questa una<br />

singolare concatenazione di tempi, destinata del resto a collegarsi con un terzo tempo, cioè con<br />

quello che un giorno l’amico lettore impiegherà per accogliere i fatti raccontati, di maniera che<br />

egli si troverà a distinguere tre tempi: il suo, quello del cronista e quello storico» (Ivi, p. 346).<br />

662 P. Ricoeur, in Tempo e racconto II, dedica un denso paragrafo a Der Zauberberg, sostenendo<br />

la tesi che vuole in esso non già la risoluzione delle aporie del tempo, ma una loro «elevazione di<br />

grado», resa possibile dal fatto che Mann avrebbe già provveduto a cancellare il riferimento al<br />

tempo misurabile prima di introdurre il suo protagonista: «l’addestramento al quale questa prova<br />

lo condanna costituisce a sua volta una esperienza del pensiero che non si limita a riflettere<br />

passivamente questa condizione di assenza del peso della temporalità, bensì esplora i paradossi<br />

della situazione limite in tal modo messi a nudo. La congiunzione, mediante la tecnica narrativa,<br />

tra il romanzo del tempo, il romanzo della malattia e il romanzo della cultura, è il medium che<br />

l’immaginazione del poeta produce per portare agli estremi la lucidità che una tale esplorazione<br />

esige» (Ivi, pp. 187-214, qui p. 213).<br />

663 Scrive ottimamente H. R. Jauss: «Mentre la Montagna incantata, in cui il narratore è<br />

onnipresente secondo modalità tradizionali anche se ironiche, presenta ancora inconfondibili<br />

tratti del romanzo di sviluppo e di formazione, mentre, d’altro canto, nell’Ulisse, dove il<br />

narratore scompare del tutto dietro la narrazione e il monologo interiore giunge ai suoi esiti più<br />

estremi (…), À la recherche du temps perdu, dove l’io narrante mette in scena se stesso, si<br />

presenta al contempo come ciclo di tempo perduto e ritrovato, come opera d’arte del ricordo e<br />

come romanzo del romanzo» (Id., Tempo e ricordo nella “Recherche” di Marcel Proust, cit., p.<br />

27). Dell’opera di Jauss si vedrà, per la messa a tema del superamento della distanza epica<br />

promosso da Mann, Joyce e Proust, l’intero primo capitolo dell’opera succitata, pp. 31-75. E<br />

tuttavia, in un senso più generale, occorrerà fare riferimento anche a ciò che sostiene M. Blanchot<br />

nel contributo – menzionato pure da Jauss – Où va la littérature?, in Id., Le livre à venir, cit.;<br />

trad. it. di G. Ceronetti e G. Neri, La scomparsa della letteratura in Il libro a venire, cit., pp. 197-<br />

203, nel quale si afferma: «Il libro solo importa, così com’è, fuori dai generi, dalle rubriche,<br />

prosa, poesia, romanzo, testimonianza, in cui si rifiuta d’incasellarsi, negandogli il potere di<br />

fissare quale sia il suo posto e di determinare la sua forma. Un libro non appartiene più ad un<br />

genere, ciascun libro dipende dalla sola letteratura, come se in essa giacessero anticipati nella<br />

loro generalità i segreti e le formule che permettono di dare realtà di libro a quanto si scrive. (…).<br />

L’essenza della letteratura è di sfuggire ad ogni determinazione essenziale, a qualsiasi<br />

affermazione che la fissi o anche solo la realizzi, perché essa non è mai presente, è sempre da<br />

ritrovare, da reinventare» (Ivi, p. 202).<br />

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