PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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Husserl negarsi che l’uomo veda «se stesso come soggetto di un orizzonte aperto<br />
di vita e di azione, costantemente minacciato dalla morte in quanto cesura di<br />
questa vita desta e del libero agire, e tuttavia una fine la quale nella sua<br />
indeterminatezza è una minaccia indeterminabile nella infinità e che a sua volta<br />
rimane infinita» 1268 . Che la morte possa lambire la sfera del presente vivente può<br />
essere – come mostra il Ms. C 17 – un’ipotesi da lasciare aperta all’incertezza<br />
dell’interrogazione 1269 , ma senza con ciò assumere il contenuto di una realtà<br />
effettivamente intenzionabile. Se solo laddove l’ego attualizza le predelineazioni<br />
passive e cerca il riempimento dell’intenzione vuota, dell’attesa protenzionale<br />
associativamente scaturita, si può dire d’essere alla presenza di un atto<br />
intenzionale 1270 , nel caso della morte si assiste all’intera revocazione di tali<br />
presupposti; essa infatti in senso onto-fenomenologico non può essere né presa<br />
né data: «anche se mi viene data la morte, nel senso in cui questo consisterebbe<br />
nell’uccidermi, questa morte sarà sempre stata la mia, ed io non l’avrò ricevuta<br />
da nessuno poiché essa è irriducibilmente mia (…). E così come non me la<br />
possono dare, non me la possono neppure prendere (…). Morte è il nome di ciò<br />
che sospende ogni esperienza del dare-prendere» 1271 .<br />
della ipseità ora di un atto ora di un altro. Il fluire è temporalizzazione originaria, e la analisi<br />
trascendentale è sviluppo delle implicazioni che esistono come temporalizzazione implicitamente<br />
temporalizzata e come temporalizzazione temporalizzante, come genesi implicita, per un io che si<br />
analizza nella riflessione, un io che nello scorrere ha la sua esistenza, il suo possibile dimostrare:<br />
“io posso, io posso sempre ancora identificare ed identificare ancora un ente di gradi differenti<br />
come un fatto implicito, e già essente”. L’originario flusso come una potenzialità e una azione,<br />
che ha il suo sempre ancora, il suo sempre ancora temporalizzarsi, il suo sempre ancora riflettere,<br />
ed il suo sempre ancora trovare temporalizzato della riflessione. Come è da esprimere<br />
ragionevolmente con un nuovo atto di identificazione rappresentabile ciò che è già in se stesso<br />
un’opera nel fluire originario? Ma in che modo? È implicato un mondo pre-dato, il passato<br />
mondano, il mio essere bambino nel mondo, naturalmente gli uomini che mi stanno intorno e gli<br />
animali con le loro connessioni generative, con le loro nascite, i loro sviluppi infantili, il loro<br />
maturare, il loro invecchiare e morire – psicofisico e dunque biofisico e psichico. Come posso<br />
quindi lasciar fermare con una nascita e lasciar finire con una morte futura l’originario presente,<br />
il quale tuttavia implica la sua continuità di passati originari come temporalità implicita».<br />
1268 E. Husserl, Aufsätze und Vorträge (1922-1937), in Husserliana, Bd. XXVII, hrsg. v. T.<br />
Nenon, H. R. Sepp, Kluwer, Dordrecht-Boston-London 1989, p. 98.<br />
1269 E. Husserl, Späte Texte über Zeitkonstitution (1929-1934). Die C-Manuskripte, cit., p. 442:<br />
«Ed è l’evento universale trascendentale, parlando in termini temporali, l’accadere della nascita<br />
trascendentale e della morte trascendentale, un evento necessario nell’essere di questo universo e<br />
così in un altro senso un fungere, un non-fungere secondo la sua determinazione, finché è giunto<br />
il suo tempo, e un fungere, finché il suo tempo esiste, e poi ancora un non-fungere e però come<br />
funzionale, essendo in questo altro senso un interpretare il suo ruolo come fondamento, come<br />
presupposto – come un “non-essente” che attraverso questo non-essere rende possibile il suo<br />
essere?».<br />
1270 Cfr. V. Costa, L’estetica trascendentale fenomenologica, cit., p. 298.<br />
1271 J. Derrida, Donner la mort, Galilée, Paris 1999; trad. it. di L. Berta, Donare la morte, Jaca<br />
Book, Milano 2002, p. 81. Analogamente, N. Depraz e J.-M. Mouille, “Se donner” la mort, in<br />
«Alter», 1, 1993, pp. 107-130, in part. pp. 107-110 e pp. 126-129, hanno osservato che la morte,<br />
fenomenologicamente, si dona come non-donazione radicale, la quale attende d’essere ricostruita<br />
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