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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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morte quale «possibilità dell’incommensurabile impossibilità dell’esistenza» 1312 ,<br />

una loro intrinseca inadeguatezza a comprendere che se l’impossibilità del<br />

“come tale”, che si compendia nella morte, deve «palesarsi il meno possibile<br />

nella sua possibilità» 1313 , essa è anche ciò che non può apparire “come tale”,<br />

sicché l’essere per la morte nel quale si sviluppa la verità autentica<br />

dell’esserci 1314 si coniugherebbe con quel medesimo «scomparire come tale del<br />

“come tale”», che appartiene tanto alle forme autentiche che a quelle<br />

inautentiche dell’esistenza dell’esserci come d’ogni altro vivente 1315 . Piuttosto,<br />

codesta contemporaneità fra possibilità e impossibilità enunciata dalla<br />

fenomenologia parrebbe condizionare, orientandole lungo una via sulla quale si<br />

deve indugiare 1316 , la presenza e l’assenza, la vita e la morte, predisponendole a<br />

cominciare ogni volta di nuovo, nell’incertezza di sapere se la possibilità<br />

dell’una renda impossibile l’altra, poiché la possibilità dell’una è insieme la<br />

possibilità dell’altra: aporia estrema, che se può accettare la «deformazione<br />

[Entstellung]» dello scrivere 1317 , mai ammette l’intuizione della ragione 1318 .<br />

1312<br />

M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 319.<br />

1313<br />

Ivi, p. 319.<br />

1314<br />

Cfr. M. Heidegger, Contributi alla filosofia, cit., p. 284: «L’unicità della morte nell’esser-ci<br />

dell’uomo appartiene alla più originaria deteminazione dell’esser-ci, e cioè al suo essere fatto<br />

avvenire e fatto proprio dall’Essere stesso per fondare la sua verità (apertura nel velarsi)».<br />

1315<br />

J. Derrida, Aporie, cit., p. 65. Ma sul punto, in riferimento soprattutto alla questione del<br />

vivente animale, si vedano gli approfondimenti compiuti dallo stesso Derrida in L’animal que<br />

donc je suis, Galilée, Paris 2006; trad. it. di M. Zannini, L’animale che dunque sono, Jaca Book,<br />

Milano 2006, in part. pp. 210-222.<br />

1316<br />

Cfr. F. Kafka, Betrachtungen über Sünde, Leid, Hoffnung und den wahren Weg, in Id.,<br />

Hochzeitsvorbereitungen auf dem Lande, hrsg. v. M. Brod, Fischer, Frankfurt a. M. 1950;<br />

Aforismi di Zürau, a c. di R. Calasso, Adelphi, Milano 2004, p. 40: «C’è una meta, ma non una<br />

via; ciò che chiamiamo via è un indugiare [Zögern]».<br />

1317<br />

S. Freud, Der Mann Moses und die monotheistische Religion (1934-1938), in Id.,<br />

Gesammelte Werke, Bd. XVI, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1964; trad. it. di P. C. Bori, G. Contri,<br />

E. Sagittario, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, in S. Freud, Opere, vol. 11, Boringhieri,<br />

Torino 1979, pp. 339-453: «Nella deformazione di un testo vi è qualcosa di simile a quanto<br />

avviene nel caso di un delitto: la difficoltà non è nell’esecuzione del misfatto, ma<br />

nell’occultamento delle tracce. Si potrebbe dare alla parola Entstellung (deformazione) il doppio<br />

senso che le spetta (…): portare in un altro luogo, spostare altrove. Perciò in molti casi di<br />

deformazione del testo possiamo immaginarci di trovare nascosto altrove, sua pure modificato e<br />

avulso dal contesto, il materiale soppresso e ripudiato. Solo che non sempre è facile<br />

riconoscerlo» (Ivi, p. 369).<br />

1318<br />

Cfr. M. Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, cit., p. 284: «La definzione dell’intuitus<br />

mentis, fondata in analogia con la visione (…) è da riconsiderare completamente (presuppone ciò<br />

che appunto è in questione: la cosa stessa) – Essa non vede che la visione è tele-visione,<br />

trascendenza, cristallizzazione dell’impossibile. Di conseguenza, anche l’analisi dell’intuitus<br />

mentis è da rifare: non c’è indivisibile di pensiero, natura semplice – la natura semplice, la<br />

conoscenza “naturale” (…), che è completamente o non è affatto apprensione, tutte queste sone<br />

“figure”del pensiero e non si tiene conto dello “sfondo” o “orizzonte”».<br />

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