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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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epico è l’auspicio di trovare in essa una risposta alle proprie inquietitudini 1350 .<br />

Fin dalle origini della tradizione letteraria occidentale, si può constatare<br />

un legame imprescindibile dell’epos, nella sua accezione etimologica di<br />

“parola”, di “racconto”, con la memoria, dovuto alla necessità di prolungare<br />

quanto iniziato con il rito funebre: mantenere la continuità della presenza del<br />

defunto in seno alla comunità 1351 . E sebbene, partendo dall’unità espressa dal<br />

«ricordo [Erinnerung]», si possa procedere in una ulteriore distinzione, attenta<br />

da un lato alla «rammemorazione [Gedächnis]», in quanto principio specifico<br />

della narrazione orale, e dall’altro alla «rimembranza volontaria [Eingedenken]»,<br />

in quanto principio formale del romanzo 1352 , non verrà meno anche in tale<br />

tassonomia un vincolo comune per ciascun singolo elemento, quello<br />

rappresentato da una tramandabilità permessa e garantita solo nel morente 1353 .<br />

Sotto questo aspetto lo sguardo retrospettivo che Proust fa volgere, al termine<br />

della Recherche, al narratore, parrebbe voler aderire alla volontà di abbracciare<br />

in un unico giro di orizzonte l’intera misura della sua vita, nella convinzione che<br />

solo così egli avrebbe mantenuto il proprio posto nel Tempo. Tuttavia,<br />

diversamente dal protagonista di Flucht in die Finsternis, la vita che, nella morte,<br />

torna alla memoria non ha, per Marcel, un ultimo istante e quell’ultimo istante un<br />

altro ancora e così via, sicché il morire non significherebbe altro che<br />

l’eternità 1354 , dal momento che egli non solo non racconta com’è stata la sua vita,<br />

ma nemmeno «una vita quale la ricorda colui che l’ha vissuta» 1355 . Aderendo<br />

una vocazione ufficialmente non fenomenologica» (Id., Sur l’état présent de la phénoménologie,<br />

in Id., L’idée de phénoménologie, Beauchesne, Paris 2001, pp. 1-43, qui p. 5).<br />

1350 Come osserva W. Benjamin, «se il romanzo è significativo, non è quindi perché ci presenti,<br />

quasi didatticamente, un destino estraneo, ma perché quel destino altrui, grazie alla fiamma da<br />

cui è consumato, genera in noi il calore che non possiamo mai ricavare dal nostro. Ciò che attira<br />

il lettore verso il romanzo, è la speranza di riscaldare la sua vita infreddolita alla morte di cui<br />

legge» (Id, Angelus Novus, cit., pp. 265-266).<br />

1351 Cfr. J.-P. Vernant, L’individu, la mort, l’amour, Gallimard 1989; trad. it. di A. Ghilardotti,<br />

L’individuo, la morte, l’amore, Cortina, Milano 2000, in part. il III capitolo, pp. 75-83; Id.,<br />

Mythe et pensée chez Grecs, Maspero, Paris 1971; trad. it. di M. Romano e B. Bravo, Mito e<br />

pensiero presso i Greci, Einaudi, Torino 1978, in part. pp. 93-124.<br />

1352 Cfr. W. Benjamin, Angelus Novus, cit., pp. 262-263. Si vedano, per un commento, le lucide<br />

pagine di L. Rampello, Walter Benjamin. La traccia e l’oblio, in Studi in onore di Luciano<br />

Anceschi, a c. di L. Rossi ed E. Solari, Mucchi, Modena 1982, pp. 289-296.<br />

1353 Ivi, pp. 258-259: «Come, allo spirare della vita si mette in moto, all’interno dell’uomo, una<br />

serie di immagini – le vedute della propria persona in cui ha incontrato se stesso senza<br />

accorgersene –, così l’indimenticabile affiora d’un tratto nelle sue espressioni e nei suoi sguardi e<br />

conferisce a tutto cià che lo riguardava l’autorità che anche l’ultimo tapino possiede, morendo,<br />

per i vivi che lo circondano. (…). La morte è la sanzione di tutto ciò che il narratore può<br />

raccontare. Dalla morte egli attinge la sua autorità. O, in altre parole, è la storia naturale in cui si<br />

situano le sue storie».<br />

1354 A. Schnitzler, Flucht in die Finstemis, Fischer, Berlin 1931; trad. it. di G. Ferrarese, Fuga<br />

nelle tenebre, Adelphi, Milano 1981, p. 34.<br />

1355 W. Benjamin, Per un ritratto di Proust, cit., p. 28. Ma cfr. pure L. Rampello, Il narratore di<br />

Combray, in Discorsi sul romanzo, a c. di P. Bagni, Alinea, Firenze 1984, pp. 135-152.<br />

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