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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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andrebbe ripensata, individuando in essa non già la pleiade dei singoli eventi<br />

fissati nel ricordo, bensì l’insieme dei «dati accumulati, spesso inconsapevoli,<br />

che confluiscono nella memoria» 1047 . La distinzione posta da Proust all’interno<br />

della sua opera tra “memoria volontaria” e “memoria involontaria” fungerebbe –<br />

come pure si è osservato nel precedente capitolo – da emblematico sintomo del<br />

nuovo, diverso significare del registro dell’Erfahrung rispetto a quello<br />

dell’Erlebnis 1048 . Questa, in quanto vissuto qualitativamente “pregiudicato” 1049 ,<br />

non è in grado di offrire – al pari d’ogni memoria volontaria, capace solo di<br />

catalogare il passato come un possesso inerte – «l’apparizione irripetibile di una<br />

lontananza», quale «carattere cultuale del fenomeno» 1050 , perché ad essa è<br />

precluso l’accesso a quella regione propria dell’aconcettuale, dalla quale<br />

dovuto. Nondimeno se si fa esplicito richiamo al pensatore tedesco è per segnalare più<br />

distesamente come la sua riflessione si intersechi e si combini con quella di Péguy nel ritenere la<br />

scienza storica asservita alle ragioni dello storicismo una fra le cause che hanno determinato la<br />

perdita, nel tempo moderno, del gusto intenso dell’esperienza (Cfr. D. Bensaid, Walter Benjamin.<br />

Sentinelle messanique, Plon, Paris 1990, in part. pp. 75-90). Per riguadagnare una temporalità<br />

deformalizzata, concordano tanto Péguy quanto Benjamin, sarebbe necessario riattingere alla<br />

schiettezza di una immagine che, attingendo la propria forza ed il proprio senso nel passato, non<br />

si lascia, subito svanendo, ricondurre ai condizionamenti imposti dal tempo fisico. Come ha<br />

rilevato S. Mosès: «il tempo fisico che noi percepiamo spontaneamente come continuo e<br />

irreversibile, non ha – di per sé – alcun carattere storico; viceversa, perché il tempo appaia in<br />

quanto storico, è necessario che s’interrompa il suo svolgimento. La storicità del tempo si<br />

manifesta ogniqualvolta sorge una nuova immagine dialettica; ma le immagini dialettiche,<br />

appunto, non appartengono all’ordine del tempo continuo, ma – al contrario – lo infrangono e gli<br />

si sottraggono» (Id., L’ange de l’histoire. Rosenzweig, Benjamin, Scholem, Seuil, Paris 1991;<br />

trad. it. di Michele Bertaggia, La storia e il suo angelo. Rosenzweig, Benjamin, Scholem,<br />

Anabasi, Milano 1993, p. 184).<br />

1047 W. Benjamin, Di alcuni motivi in Baudelaire, cit., p. 379.<br />

1048 Come ottimamente ha rilevato F. Desideri commentando queste pagine benjaminiane, «se<br />

l’Erlebnis è evento vissuto attraverso lo schermo della coscienza e da questa assimilato, lo spazio<br />

della Recherche proustiana è quello della Erfahrung, di ciò “che non è stato vissuto<br />

espressamente e consapevolmente, ciò che non è stato, insomma, una esperienza vissuta”, ed è<br />

stato, invece, riattivato dalla mémoire involontaire. La tensione che percorre l’opera proustiana è,<br />

quindi, giungere alla riappropriazione della propria Erfahrung, al suo “dominio”, attraverso la<br />

scrittura. Ciò che definisce il tentativo proustiano è il carattere individuale – privato – della sua<br />

impresa: alla distruzione dell’Erfahrung sul piano della vita sociale, Proust risponde: “la<br />

redenzione è un’impresa privata”. (…). Ma la stessa “perfetta riuscita” di questa intenzione<br />

proustiana è ciò che rivela la “Verkümmerung” (deperimento) della esperienza» (Id., Walter<br />

Benjamin. Il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 277-278). Ma si veda pure quanto<br />

osservi sempre sul rapporto fra “vissuto” ed “esperienza”, prendendo le mosse non solo dalla<br />

riflessione di Benjamin, ma anche da quella di Merleau-Ponty, M. Carbone, Di alcuni motivi in<br />

Marcel Proust, Cortina, Milano 1998, in part. pp. 23-41.<br />

1049 D’accordo con J. Derrida, si osserva incidentalmente che «il pre- dei pregiudizi può essere<br />

omogeneo rispetto all’ordine del giudizio secondo questi due modi molto diversi, la<br />

presupposizione implicita o la negazione che può spingersi avanti come negazione categorica o<br />

come negazione del categorico» (Id., Préjugés. Devant la loi, Minuit, Paris 1985; trad. it. di F.<br />

Vercillo, Pre-giudicati. Davanti alla legge, Abramo, Catanzaro 1996, p. 60).<br />

1050 W. Benjamin, Di alcuni motivi in Baudelaire, cit., p. 410.<br />

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