PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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proprio interno e si dispone in un orizzonte nel quale il soggetto non può né<br />
essere «la base primaria intenzionale [der intentionale Urgrund]» 321 del suo<br />
mondo, né essere la base primaria intenzionale di sé medesimo, dovendosi,<br />
piuttosto, constatare la presenza di un «”campo trascendentale senza soggetto”,<br />
nel quale “apparirebbero le condizioni della soggettività, e in cui il soggetto<br />
sarebbe costituito a partire dal campo trascendentale”» 322 .<br />
La difficoltà di definire lo statuto epistemico da conferire a tale campo<br />
trascendentale si impone più nettamente di quanto non accada quando ci si limiti,<br />
insieme con Husserl, a porre la questione sulla necessità di assumere «una<br />
coscienza ultima», non passibile di diventare, a sua volta, un oggetto<br />
d’attenzione 323 . Non si tratta soltanto di constatare che «il limite-origine della<br />
coscienza starebbe nel percepire puro, ossia nel percepire im-mediato che,<br />
dunque, non può essere a sua volta oggetto di percezione» 324 . Piuttosto, occorre<br />
cercare di comprendere che lo scavo decostruttivo che accompagna l’esercizio<br />
fenomenologico ha determinato, al termine del proprio compiersi, la<br />
delucidazione di un orizzonte nel quale ad essere periclitante è quella stessa<br />
certezza estetica che, nei primi paragrafi di Erfahrung und Urteil, era<br />
presupposta ad ogni contezza logica, pur essendovi teleologicamente orientata 325 .<br />
Più esattamente, nel momento in cui si pone in dubbio la possibilità stessa<br />
dell’atto intenzionale orientato soggettivamente, viene meno il principio,<br />
321<br />
E. Husserl, Formale und transzendentale Logik, cit., p. 243; trad. it. p. 293.<br />
322<br />
J. Derrida, Introduzione a Husserl "L'origine della geometria", cit., p. 142, il quale, a propria<br />
volta, riporta un’opinione di J. Hyppolite.<br />
323<br />
E. Husserl, Zur Phänomenologie des Inneren Zeitbewußtseins, cit., p. 382; trad. it. p. 365.<br />
324<br />
F. Desideri, L’ascolto della coscienza, Feltrinelli, Milano 1998, p. 74. L’assunto dal quale<br />
muove la proposta ermeneutica di Desideri, opponendosi, in primo luogo, alla lettura di Derrida,<br />
stabilisce che l’io puro goda di una «specie “singolarissima” di trascendenza (una trascendenza<br />
nell’immanenza)», che si troverebbe radicata nell’occhio: «L’intenzionalità che anima<br />
“paradossalmente” l’Erleben della coscienza è quella dello sguardo, fino al punto che è proprio<br />
sulla direzionalità del guardare che si muove lo stesso atto intenzionale. E ciò vale per l’eidetica<br />
husserliana in una misura ben più radicale che per l’eidos platonico» (Ivi, p. 67). Ma, su<br />
quest’ultimo punto, cfr. R. Rorty, Philosophy and the Mirror of Nature, Princeton University<br />
Press, Princeton 1979; trad. it. di G. Milone e R. Salizzoni, La filosofia e lo specchio della<br />
natura, Bompiani, Milano 1986, in part. la I parte, pp. 17-98. D’altronde, si dovrà pure ricordare<br />
l’interpretazione, tesa a soffermarsi sulla carenza di mondo della “soggettività assoluta”, offerta<br />
da H. Blumenberg, il quale, in particolare, rileva come giammai potrebbe darsi una soggettività<br />
assoluta in quanto tale, dal momento ch’essa richiede «un mondo che può procurarsi e portare<br />
all’oggettività solo attraverso la soggettività trascendentale» (Id., Lebenszeit und Weltzeit,<br />
Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1986; trad. it. di B. Argento, Tempo della vita e tempo del mondo, il<br />
Mulino, Bologna 1996, pp. 327-345, qui p. 339).<br />
325<br />
E. Husserl, Erfahrung und Urteil, cit., §§ 7-10. Scrive M. Ferraris, Estetica razionale, Cortina,<br />
Milano 1997: «Questo mondo della vita – che si potrà assumere fuori da ogni retorica vitalistica,<br />
dal momento che coincide col mondo della morte, con la piramide del segno – costituisce perciò<br />
il fondamento ultimo di ogni operazione logica; e tuttavia, proprio nella misura in cui un tale<br />
supporto preesiste a ogni assunzione logica, ne è anche teleologicamente strutturato, di modo che<br />
questo “primo”, in maniera singolare, è sin dall’inizio “permeato dai sedimenti delle operazioni<br />
logiche”» (Ivi, p. 231).<br />
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