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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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Invero, il contenuto di questo passo de La Prissonnière parrebbe richiamare<br />

quello di un breve testo che Proust compose nel 1901, e sul quale sarà opportuno<br />

soffermarsi per meglio comprendere come lo scrittore continui a mantenere,<br />

lungo tutta la propria opera, una costanza di giudizio sulla necessità che la<br />

compresenza fra «raison dormante» e «raison éveillée» venga mantenuta ferma<br />

al fine di poterci cogliere nell'indistinzione della nostre esperienze.<br />

Viaggiando in treno, Proust precipita nel sonno, ma d'improvviso è<br />

risvegliato da una brusca frenata; nondimeno egli si figura di aver «continuato a<br />

immaginare sonnecchiando (...) cose che alla luce del sole della piena coscienza<br />

sono tanto invisibili quanto le stelle allorché diviene giorno, e nonostante questo<br />

sono ancora là». S'egli si destasse definitivamente codeste «ultime briciole di<br />

sonnolenta rêverie» perderebbero ogni significato, poiché non si può vedere,<br />

dormendo, ciò che si vede in pieno giorno. Ma affinché «il ragionevole<br />

[raisonnable] della ragione assopita» non dismaghi del tutto, è necessario che<br />

giunga in soccorso la chiarezza della ragione desta e che entrambe «si combinino<br />

[emboîtent] e nella penombra di questa nuova concavità gorgheggi [fredonne]<br />

svelto svelto, basso basso, l'incomprensibile racconto» 22 . Fra la ragione<br />

addormentata e la ragione desta dovrà dunque esservi una contemporaneità, se si<br />

vorrà attribuire alla propria «rêvasserie» un significato plausibile 23 . Tale<br />

significato, d'altra parte, proprio perché frutto di una ragione essenzialmente<br />

ancipite, non potrebbe essere immediatamente coerente con le istanze proprie<br />

della realtà effettiva, se non si riconoscesse al mondo della veglia, e dunque alla<br />

ragione che vi soprassiede, una superiorità almeno esteriore rispetto al mondo<br />

del sonno. La veglia infatti può, per Proust, «ogni mattina riprendere ciò che non<br />

può ogni sera il sogno» 24 . In questa prospettiva, come pure osserva Roland<br />

del tutto puramente, ma sono costantemente pronto a risvegliarmi come me stesso » (Id., On<br />

Falling Asleep, cit., p. 110).<br />

22 M. Proust, Somnolence, in Id., Textes retrouvés, recuillis et présentés par P. Kolb et L. B.<br />

Price, University of Illinois Press, Urbana - Chicago - London 1968, pp. 112-115; trad. it. di S.<br />

Mati, Sonnolenza e altre prose, Edizioni Via del Vento, Pistoia 2002, pp. 19-26 [trad.<br />

modificata]. Su questo breve scritto proustiano, cfr. M. Piazza, Passione e conoscenza in Proust,<br />

cit., pp. 74-77.<br />

23 Cfr. G. Bachelard, La poétique de la rêverie, Puf, Paris 1960; trad. it. di G. Silvestri Steva, La<br />

poetica della rêverie, Dedalo, Bari 1993, p. 29: «Il sognatore notturno non può enunciare un<br />

cogito. Il sogno della notte è un sogno senza sognatore. Al contrario, il sognatore di rêverie<br />

mantiene abbastanza coscienza per dire: sono io che sogno, sono io che sono felice di sognare la<br />

mia rêverie, sono io che godo di un piacere in cui non ho più l’obbligo di pensare».<br />

24 M. Proust, La Prissonnière, cit., p. 629; trad. it. p. 515. In questo luogo, Proust sembra<br />

riecheggiare l'assunto di uno fra i più noti Pensées di Pascal (Id., Pensées, éd. par P. Sellier,<br />

Pocket, Paris 2003, pensée 653; trad. it. di B. Papasogli, Pensieri, Città Nuova, Roma 2003, pp.<br />

421-422), il quale, segnatamente, recita:«Se sognassimo tutte le notti la stessa cosa, questa ci<br />

impressionerebbe quanto gli oggetti che vediamo ogni giorno. E se un artigiano fosse sicuro di<br />

sognare tutte le notti, per dodici ore, di essere re, credo che sarebbe felice quasi quanto un re che<br />

sognasse tutte le notti, per dodici ore, di essere artigiano. (...). Siccome i sogni sono tutti diversi,<br />

e anche uno stesso sogno si diversifica, le sue visioni impressionano molto meno di ciò che<br />

vediamo da svegli, a causa di una continuità che pure non è così continua e uguale da non<br />

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