PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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è integrata l’apprensione percettiva e quindi i contenuti di sensazione che in<br />
questa sono presupposti 1195 , potrebbe indurre a pensare la dinamica teleologica<br />
propria del pensiero fenomenologico nei modi di una infinita protenzione,<br />
unificata dall’idea, in senso kantiano, del flusso totale del vissuto 1196 . Questa<br />
afferma che «l’impossibilità dell’evidenza piena non ha come esito una dispersione del valore di<br />
evidenza, e quindi della nozione di filosofia, nel suo senso originario di attività che tende alla<br />
verità, ma definisce, al contrario, il suo statuto, poiché ciò che apre il discorso filosofico è<br />
l’impossibilità dell’evidenza piena, della presenza. (…). Vorremmo dire: l’impossibilità della<br />
evidenza produce la manifestatività. E questo significa, semplicemente, pensare l’evidenza come<br />
movimento piuttosto che come stato» (Id., Il cerchio e l’ellissi, cit., pp. 40-41). A ben vedere si<br />
avverte in questa conclusione più di una eco derridiana. Tale è infatti la matrice di un pensiero<br />
che reputi la impossibilità come ciò che «non sopprime, ma anzi conserva, presuppone e rileva<br />
una differenza» (J. Derrida, La verità in pittura, cit., p. 352). Come giustamente ha segnalato S.<br />
Petrosino, in Derrida ciò che è impossibile «non è il segno di una fine, l’espressione di una forma<br />
di esaurimento o di limite del possibile, esso non si oppone semplicemente al possibile; ogni<br />
opposizione tra possibile e impossibile, così come essi sono comunemente intesi, è infatti<br />
preceduto da questo concetto di impossibile che si configura come riserva attiva di ogni<br />
autentico possibile: esso si impone come l’energia originaria del possibile (…)» (Id., Jacques<br />
Derrida e la legge del possibile, cit., p. 246). Sotto questa luce acquisisce ulteriore significato il<br />
modo in cui Derrida assorba e filtri, nel gesto decostruttivo, la concezione leibniziana della ars<br />
inveniendi, la quale supera l’invenzione e passa attraverso di essa, così come l’iniziativa<br />
decostruttrice apre, dischiude, destabilizza «le strutture forclusive» per lasciare adito<br />
all’immaginazione non già avvenuta, ma sempre a venire (J. Derrida, Psyché. Invention de<br />
l'autre, in Id., Psyché. Invention de l'Autre, Galilée, Paris 1987, pp. 11-61, in part. pp. 54-61;<br />
ma cfr. pure Id., L’invenzione di Dio. Politica della ricerca, politica della cultura, trad. it. di M.<br />
Ferraris, in «Alfabeta», 60, 1984, pp. 19-20).<br />
1195 Cfr. E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen<br />
Philosophie. Zweites Buch, cit., p. 58; trad. it. p. 62: «È facile intravvedere come l’apprensione<br />
della cosa, in quanto cosa che sta ad una certa distanza, che è orientata in un certo modo, che ha<br />
un certo colore, ecc., non è pensabile senza queste relazioni motivazionali. L’essenza stessa<br />
dell’apprensione comporta le possibilità di lasciare che la percezione si scomponga in serie<br />
percettive “possibili” che sono tutte di questo tipo: se l’occhio si volge in questo modo, allora<br />
anche l’”immagine” evolve in questo modo, se l’occhio si rivolge in un certo altro modo, anche<br />
l’immagine si rivolge in un certo altro modo corrispondente».<br />
1196 Si legga, al riguardo, quanto afferma il § 83 delle Ideen zu einer reinen Phänomenologie und<br />
phänomenologischen Philosophie. Erstes Buch, cit., pp. 166-167; trad. it. pp. 206-208: «Nel<br />
procedere continuativo da afferramento ad afferramento noi afferriamo in un certo modo anche la<br />
corrente dei vissuti in quanto unità. Non la afferriamo come un vissuto singolare, ma nel modo di<br />
una idea nel senso kantiano. Non si tratta di qualcosa di posto e affermato a caso, ma di un dato<br />
assolutamente indubitabile, prendendo il termine datità in un senso corrispondentemente ampio.<br />
Questa indubitabilità, per quanto fondata anch’essa sull’intuizione, ha tutt’altra sorgente di quella<br />
che è in gioco riguardo all’essere dei vissuti che giungono a pure datità nella percezione<br />
immanente. Caratteristica dell’ideazione che intuisce una “idea” kantiana, caratteristica che<br />
peraltro non ne diminuisce l’evidenza, è appunto che l’adeguata determinazione del suo<br />
contenuto, in questo caso della corrente di vissuti, sia irragiungibile» (Ivi, pp. 166-167; trad. it. p.<br />
207). Già in Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie. Erstes<br />
Buch, cit., pp. 297-298; trad. it. pp. 354-355, si era d’altronde rilevato che «l’idea di una infinità<br />
motivata conformemente alla sua essenza non è essa stessa una infinità; l’evidenza che questa<br />
infinità non può per principio essere data non esclude, ma piuttosto esige la datità evidente<br />
dell’idea di questa infinità»; passo, questo, sulla scorta del quale J. Derrida ha notato che questa<br />
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