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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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scissione parrebbe dunque trovare la propria peculiare rappresentazione sì nel<br />

sonno, ma soltanto perché questo è un'occasione privilegiata per misurare la<br />

portata di uno «scandalo grammaticale», dal momento che «dire "dormo" è, alla<br />

lettera, tanto impossibile quanto dire "sono morto"» 12 . Ma invero, la<br />

paradossalità dell'evento che inaugura la scrittura della Recherche si dimostra<br />

manifesta anche al di fuori dell'ambito grammaticale, poiché il momento in cui<br />

l'Io dell'autore (coincidente, in questa occasione, con l'Io del narratore) si<br />

addormenta fa sì che noi anziché sapere chi sia questo Io, «veniamo informati<br />

del suo scomparire e assistiamo allo strano fenomeno che è rappresentato dal<br />

passaggio dalla veglia al sonno e, viceversa, dal sonno al risveglio» 13 .<br />

È proprio tale movimento oscillatorio, che, come osservato, permarrà per<br />

tanta parte del primo volume della Recherche, a meritare una particolare<br />

attenzione. Se infatti ci si limitasse a constatare l'aporia grammaticale cui esso dà<br />

12 R. Barthes, Il brusio della lingua, cit., p. 294. In questo passo del suo saggio del '78, Barthes<br />

ritorna su un punto che segna in modo qualificante l'intero suo confronto con Proust. Tale<br />

confronto, nel riconoscere a Proust il proprio ruolo nella storia delle lettere in virtù della sua<br />

capacità di «arrivare a eludere la tautologia letteraria rimandando in continuazione, per così dire,<br />

la letteratura all'indomani» (Id., Littérature et métalangage, in Id., Essais critiques, Seuil, Paris<br />

1964; trad. it. di S..Volpe, Letteratura e metalinguaggio, in Saggi critici, Einaudi, Torino 2002,<br />

pp. 95-96, qui p. 95), tende ad includere lo scrittore francese fra i massimi esponenti di una prassi<br />

narrativa in cui il «racconto dal punto di vista referenziale (reale) è alla lettera niente», poiché<br />

«"ciò che avviene" è solo il linguaggio, l'avventura del linguaggio il cui avvento non cessa mai<br />

d'essere festeggiato» (Id., Introduction à l'analyse structurale du récit, in AA.VV., L' analyse<br />

structurale du recit, Seuil, Paris 1981; trad. it. di P. Fabbri e L. Destreri, Introduzione all'analisi<br />

strutturale dei racconti, in AA.VV., L'analisi del racconto, Bompiani, Milano 1990, pp. 7-46,<br />

qui p. 45).<br />

13 W. Biemel, Die Bedeutung der Zeit für die Deutung des Romans, in «Archivio di filosofia»,<br />

1980; trad. it. di K. Mueller, Il significato del tempo per l’interpretazione del romanzo, in La<br />

fenomenologia e le arti, a c. di G. Scaramuzza, Cuem, Milano 1991, pp. 57-67, qui p. 62. Altrove<br />

Biemel aveva affermato che in questa prima pagina della Recherche ci si trovava di fronte ad «un<br />

doppio processo di allontanamento [Entfernung] ed avvicinamento [Näherung], che si può anche<br />

dire di straniamento [Entfremdung] e di identificazione [Identifikation]»: noi non sappiamo nulla<br />

del narratore, né chi sia, né dove viva, egli è un semplice uomo ora assopito ora desto, e solo su<br />

questo possiamo fare assegnamento (Id., Der Beginn von Prousts " À la recherche du temps<br />

perdu", in Die Welt des Menschen – die Welt der Philosophie. Festschrift für J. Patocka<br />

(Phaenomenologica 72), hrsg. v. W. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag 1976, pp. 285-300, qui<br />

p. 287). Analogamente, G. Genette ha osservato che nell’immagine offerta dal sogno proustiano<br />

è proiettata la figura di un eroe che sogna e poi racconta in prima persona: è se stesso e non lo è,<br />

eppure in nessun caso si potrebbe dire che è un altro; per questa ragione, da molti punti di vista,<br />

conclude Genette, la Recherche potrebbe essere definita «una autobiografia sognata» (Id., Il<br />

paratesto proustiano, in «Alfabeta», 72, 1985, p. 17). Su quest’ultima definizione, cfr. le chiose<br />

stese da L. Rampello, Il paradigma del sogno, in «Alfabeta», 72, 1985, p. 18, dove si sottolinea<br />

che «l’autobiografia sognata collega in modo fulminante la vita vissuta e il sogno, ma non è né la<br />

vita sognata, né il sogno di una vita. È qualcosa di diverso ancora che si spalanca su uno spazio<br />

bianco, quello che sta tutto tra una parola e l’altra e che Proust chiama (…) l’inesprimibile». Ma<br />

della stessa interprete, cfr. pure, La grande ricerca. Saggio su Proust, Pratiche, Parma 1994, di<br />

cui, per le considerazione svolte intorno alla dimensione onirica presente nel romanzo proustiano,<br />

si considerino soprattutto le pp. 61-67.<br />

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