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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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trova in esso la propria sorgente» 625 . Si può trarre da questi passi un principio di<br />

ragione dialettica, nel quale il concetto hegeliano dell’Aufhebung viene a<br />

riproporsi entro un movimento che inerisce al presente vivente, permettendogli<br />

di superarsi, pur nella conservazione in sé del proprio passato come momento<br />

soppresso, conservato e oltrepassato 626 . Tuttavia, ci si allontanerà da codesta<br />

linea interpretativa, se si negherà un’assunzione della nozione di “presente<br />

vivente” all’interno di una sfera positivamente risolta nella sintesi delle<br />

differenze. Laddove, infatti, Hegel perdura nel ritenere il tempo un’astrazione 627 ,<br />

sicché esso può apparire come il tempo originario e puro solo a condizione di<br />

comprendere in se stesso l’intera serie di condizioni di possibilità di tutte le<br />

effettività, reali e no, così come delle rappresentazioni nelle quali il tempo puro è<br />

una realtà fenomenologica data, ancorché ideale, ma non in quanto tale, nella sua<br />

ipseità, potendosi esso unicamente pensare come movimento verso la realtà 628 ,<br />

Husserl eleggerebbe la dimensione temporale originaria nei modi di una assoluta<br />

contraddizione. Più propriamente, valutando quest’ultima come la condizione<br />

perché la determinazione possa affermare la propria negazione e vice versa 629 , si<br />

625<br />

Ivi, p. 12.<br />

626<br />

T. Duc-Thao, Phénoménologie et materialisme dialectique, Édition Mihn-Thân, Paris 1951;<br />

trad. it. di R. Tomassini, Fenomenologia e materialismo dialettico, Lampugnani Nigri Editore,<br />

Milano 1970, pp. 110-111, nota 7, scrive: «È questo movimento come “pura inquietitudine della<br />

vita e processo di assoluta distinzione”, che costituisce il tempo nelle sue differenti modalità: il<br />

passato come ciò che viene superato, il presente che, in quanto si compie attualmente, ne è il<br />

superamento, l’avvenire, che perviene a coscienza, in quanto questa si supera protendendosi<br />

verso esso. Nella ritenzione, il passato è conservato in sé; nella protenzione l’avvenire si anticipa<br />

per sé; il superamento del passato nell’avvenire costituisce l’attualità del presente, come<br />

passaggio dall’in sé al per sé. Divenendo per sé ciò che era in sé, la coscienza si realizza nella<br />

sua verità. L’essere dell’oggetto è proprio questa verità, nella misura in cui essa si riveli alla<br />

coscienza: è l’essere della coscienza in sé e per sé».<br />

627<br />

Cfr. G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, cit., p. 441: «il<br />

tempo stesso è (…) l’astrazione essente».<br />

628<br />

A questi rilievi perviene l’analisi heideggeriana della dottrina della temporalità di Hegel,<br />

quale essa è esposta in particolare nella Enzyklopädie. In Sein und Zeit, si sostiene infatti che<br />

Hegel assume il tempo nel senso del tempo-mondano, ossia «come tempo livellato e del tutto<br />

coperto quanto alla sua origine», sicché «esso si giustappone allo spirito come una semplicepresenza.<br />

Perciò lo spirito non può che cadere “nel tempo”. Resta però del tutto oscuro che cosa<br />

significhino ontologicamente il “cadere” e lo “sviluppo” dello spirito» (Id., Essere e tempo, cit.,<br />

p. 517). Ampliando tali considerazioni, M. Henry ha sostenuto che nel filosofo di Stoccarda il<br />

tempo originario non è altro che un movimento di perdita. Il “cadere” di cui parla Heidegger<br />

sarebbe, quindi, più correttamente indicabile come il tempo stesso: «il tempo vorhanden è la<br />

verità del tempo originario», dal momento che per Hegel solo codesto tempo è lo spirito<br />

realizzato; spirito che si costituisce nel movimento del tempo puro grazie al quale «la realtà si<br />

realizza, vale a dire si mette di fronte a se stessa in quanto realtà storica» (Id., L’essence de la<br />

manifestation, cit., pp. 884-888, qui p. 887).<br />

629<br />

Cfr. J. Kristeva: «Concepita come una contraddizione, la determinazione trae il ragionamento<br />

che la pone come tale dal principio d'identità, come affermazione (essere) dell'identico, e implica<br />

il nulla nell'identità: di conseguenza, si può dire che "l'identità non ci insegna niente" e che, in<br />

quanto la determinazione (la contraddizione) afferma, essa non afferma (un) essere, bensì la<br />

(propria) negazione» (Ea., Matière, sens, dialectique, in Ea., Polylogue, Seuil, Paris 1977; trad.<br />

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