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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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indicherà una particolare qualità dell’oggetto, bensì i suoi caratteri generali,<br />

come essi risultano presenti di fronte all’osservatore. Inoltre – osserva Robert<br />

Sokolowski – «questo “come presente” vale esattamente come “non essendo<br />

assente” ora, mentre io ho l’oggetto dinanzi a me. La dimensione del possibile,<br />

esclusa soltanto l’assenza, è parte del senso della presenza; è la coppia<br />

“presenza-assenza” che si pone fra me e l’oggetto e lo rende nominabile.<br />

Dunque, invece di discutere dell’”oggetto come presente”, dovremmo meglio<br />

dire “l’oggetto come presentabile” quando identifichiamo ciò che rende l’oggetto<br />

sottoposto ai nomi. Il termine “come presente” include infatti tanto la presenza<br />

quanto l’assenza e il loro reciproco gioco» 476 .<br />

La questione messa in luce da Sokolowski contiene, nell’economia del<br />

discorso husserliano, soltanto marginalmente profili di ordine estetico, i quali,<br />

d’altra parte, non potrebbero non presupporre che fosse fatta ulteriore chiarezza<br />

su ciò che, nella correlazione fenomenologica tra espressione e significato,<br />

Philosophie. Erstes Buch, cit., pp. 256-259; trad. it. pp. 307-311), nel quale si poteva leggere che:<br />

«alla metafora della stratificazione non si può domandare troppo; l’espressione non è qualcosa<br />

come una vernice distesa sull’espresso o come un vestito infilato sopra di esso; essa è una messa<br />

in forma spirituale [geistige Formung], che esercita nuove funzioni intenzionali sul sottostrato<br />

intenzionale [an der untentionalen Untersicht] ed è correlativamente soggetta alle funzioni<br />

intenzionali del sottostrato». La metafora della «stratificazione [Schichtung]», insieme con quella<br />

dell’«intreccio [Verwebung]» cui Husserl ricorre all’inizio del medesimo paragrafo («Con tutti<br />

gli atti considerati fin qui si intrecciano [verweben sich] gli strati appartenenti agli atti espressivi,<br />

agli atti “logici” in senso specifico, che richiedono anch’essi un esame del parallelismo tra noesi<br />

e noema. La generale e inevitabile ambiguità dei modi di dire, che è condizionata da questo<br />

parallelismo e si rivela attiva dovunque i rapporti in questione giungano ad espressione<br />

linguistica, si manifesta naturalmente anche nei termini di espressione e significato»), tradirebbe,<br />

per Derrida, una difficoltà nel pensatore moravo di ammettere come il discorsivo si rapporti al<br />

non discorsivo. Una difficoltà accentuata dal fatto che, come già ha insegnato la I delle Logische<br />

Untersuchungen, quanto è non-espressivo non è affatto privo di significato. A detta di Derrida,<br />

che d’altronde muove nella sua interpretazione dall’espresso dettato del I Libro delle Ideen, una<br />

soluzione, benché provvisoria, potrebbe essere offerta da una sorta di parallelismo fra lo strato<br />

espressivo e quello non-espressivo, ma ciò, invero, potrebbe avvenire solo in presenza di una<br />

riproduzione, di fatto impossibile, da parte del discorso effettivo del senso dello strato ad esso<br />

soggiacente. Per questo motivo Husserl sembrerebbe maggiormente propenso a pensare il<br />

bedeuten peculiare all’espressione più che come riproducibile nel senso (Cfr. ivi, pp. 261-262;<br />

trad. it. p. 313, § 126), quale argine dell’episteme stessa, ossia quale potere-limite della sua<br />

formalità. Nondimeno, accanto a tale sua funzione limitativa la logicità dello stato preespressivo<br />

avrebbe anche il compito di assicurare alle diverse esperienze, così come ai discorsi pratici,<br />

affettivi, assiologici, ecc., la possibilità di una formalizzazione senza limite. Tuttavia, conclude<br />

Derrida, «non si tratta di scegliere tra due linee di pensiero. Piuttosto, di meditare la circolarità<br />

che le fa passare indefinitamente l’una nell’altra. E, ripetendo rigorosamente questo circolo nella<br />

sua propria possibilità storica, lasciare forse che si produca, nella differenza della ripetizione,<br />

qualche spostamento ellittico» (Id., Margini – della filosofia, cit., p. 231).<br />

476 R. Sokolowski, Presence and Absence. A philosophical Investigation of Language and Being,<br />

Indiana University Press, Bloomington – London 1978, p. 28. Ma ancora di Sokolowski si<br />

vedano pure le pp. 18-58 del volume, Husserlian Meditation, cit..<br />

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