PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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«inganno ottico [trompe-l’œil]», incapace di durare 410 . L’elemento<br />
extratemporale è decettivo nei confronti della vista: esso non la nega, ma revoca<br />
in dubbio la primazia della logica formale che su tale senso fa premio 411 , in<br />
410 M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., p. 452; trad. it. pp. 550-551. Con acribia – già lo si è<br />
potuto osservare – R. Shattuck (Proust’s Binoculars, cit., pp. 44-45) ha rilevato come circa<br />
cinquanta pagine dopo questo passo, Proust assuma una diversa definizione del Tempo, che,<br />
privandosi della sua invisibilità, si incarnerebbe nei corpi di alcuni personaggi «per proiettare su<br />
di essi la sua lanterna magica» (M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., p. 503; trad. it. p. 612).<br />
Quanto all’ ambito estetico peculiare al trompe-l’œil, si noterà, d’accordo pure con quanto<br />
suggerito da L. Marin, ch’esso, secondo un principio che anche Proust non doveva ignorare, è<br />
interno alla misura della rappresentazione sebbene ne rimanga ai margini, giocando «sul limite<br />
del suo dispositivo, della sua costruzione in un luogo che non è ancora fuori di essa, ma che<br />
nondimeno non è più ad essa interno; è il suo eccesso interno, l’imbizzarrirsi del dispositivo,<br />
come se la rappresentazione funzionasse in questo punto con una potenza troppo forte» (Id., Le<br />
trompe-l’œil, un comble de la peinture, in AA.VV., L’effet trompe-l’œil dans l’art et la<br />
psychanalyse, Dunod, Paris 1988, pp. 75-92, qui p. 88); ma sarà altresì da considerare quanto ha<br />
scritto J. Baudrillard, il quale ha rilevato che nel trompe-l’œil «tutto è in sospensione, gli oggetti<br />
come il tempo, e anche lo spazio, perché se la natura morta gioca sui volumi e sulla prospettiva<br />
classica, l’ombra gettata dal trompe-l’œil non è una profondità giunta da una fonte luminosa<br />
reale: essa è (…) il segno di una leggera vertigine, quella di una vita anteriore. (…). Nel trompel’œil,<br />
non si tratta mai di confondersi con il reale, si tratta di produrre un simulacro, con piena<br />
coscienza del gioco e dell’artificio – di gettare un dubbio sulla realtà della terza dimensione<br />
mimandola – di gettare un dubbio radicale sul principio di realtà mimando e oltrepassando<br />
l’effetto di realtà» (Id., Le trompe-l'oeil, in «Documents de Travail et Pré-publications del Centro<br />
Internazionale di Semiotica e Linguistica dell’Università di Urbino», 62, 1977; trad. it. di M.<br />
Ferraris, Il “trompe-l’œil”, in «Rivista di estetica», 3, 1979, pp. 1-7, qui pp. 3-5 passim).<br />
411 Cfr. M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., p. 458; trad. it. p. 559: «Le idee formate<br />
dall’intelligenza pura non hanno che una verità logica, una verità possibile, la loro elezione è<br />
arbitraria»; ma soprattutto i Projets de préface al Contre Sainte-Beuve, cit., p. 213; trad. it. p. 7:<br />
«Non solo l’intelligenza nulla può fare per queste resurrezioni, ma inoltre, quelle ore del passato<br />
si vanno a rannicchiare [blottir] solo in oggetti in cui l’intelligenza non abbia cercato di<br />
incarnarli. Gli oggetti in cui avete cercato di stabilire in modo cosciente dei rapporti con l’ora che<br />
andavate vivendo non le daranno mai asilo»; nonché, poco oltre, ivi, p. 216; trad. it. p. 11: «Ogni<br />
giorno attribuisco minor valore all’intelligenza… Ogni giorno mi rendo meglio conto che non è<br />
nella sua zona di luce che lo scrittore può evocare quelle impressioni del passato che<br />
costituiscono la materia dell’arte». A commento di questi passi, assai bene J.-Y. Tadié notava, in<br />
un articolo del 1959, che in essi si potevano misurare gli sforzi profusi da Proust per inventare un<br />
nuovo linguaggio, capace di mostrare come «il pretto mondo reale, al quale si è prestata fino ad<br />
ora fiducia e la cui oggettività giammai si è posta in dubbio, non si riveli, lentamente, altro che<br />
apparenza»; e ciò in virtù di quei fugaci momenti di rivelazione che svelano la realtà sepolta nel<br />
profondo di noi stessi: «è codesta ricerca della realtà, della profondità, combinata a (e cagionata<br />
da) il riconoscimento dell’apparenza, in quanto apparenza, che occupa l’eroe del racconto.<br />
L’apparenza, negli istanti profondi, interroga, sorprende, promette la felicità» (Id., Invention d’un<br />
langage, in «La Nouvelle Revue Française», 81, 1959, pp. 500-513, qui pp. 511-512). Altresì si<br />
crede che la nozione di “impressione” sulla quale insiste Proust a detrimento di quella di<br />
“intelligenza”, potrebbe ritenersi anche una sublimazione del senso della vista. Questa, come ha<br />
acutamente osservato H. Jonas, se fin da Platone (Repubblica, VII, 515 b, 4-5) ed Aristotele<br />
(Metafisica, A, 980 a 25) rappresenta la sfera entro la quale attingere le verità della teoresi, lo<br />
deve anche al fatto d’essere par excellence il senso della simultaneità. Infatti soltanto le<br />
rappresentazioni visuali ci forniscono un modello di coesistenza in quanto tale, vale a dire la<br />
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