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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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come ai vincoli imposti da una percezione “alla mano” dell’oggetto cui ci si sta<br />

riferendo, come altresì dimostra una lettura attenta dei §§ 4-5 della Sesta ricerca<br />

logica. Sulla base di un esempio che prevede che si guardi fuori dalla finestra e si<br />

dia espressione alla propria percezione, esclamando: «”un merlo ha preso il<br />

volo”», ovvero, diversamente, dicendo: «questo è un uccello nero, questo<br />

animale nero ha preso il volo» 491 , Husserl sostiene che:<br />

«benché la percezione non costituisca mai il significato di un enunciato effettuato sulla sua base,<br />

essa contribuisce tuttavia in qualche misura al significato, e proprio nei casi (…) di cui abbiamo<br />

parlato or ora. (…). Questo è un’espressione essenzialmente occasionale che diventa pienamente<br />

significativa soltanto tenendo conto delle circostanze in cui viene pronunciata, e quindi, in questo<br />

caso, della percezione compiuta. Con il questo si intende l’oggetto percepito così come è dato<br />

nella percezione» 492 .<br />

Occorrerà tuttavia sottolineare che Husserl, nonostante accrediti ogni espresione<br />

occasionale di un significato variabile a seconda delle circostanze, sia persuaso<br />

che in ogni variazione vi sia sempre un elemento comune che distingue una<br />

simile plurivocità da quella determinata da una mera equivocazione. Tale<br />

elemento comune viene dal filosofo indicato nella intuizione percettiva, il cui<br />

intervento costituisce l’autentico carattere indeterminato del significato;<br />

«l’intuizione, cioè, conferisce a tale elemento la determinatezza della direzione<br />

verso l’oggetto» 493 . La funzione peculiare al cosiddetto “significato indicante”,<br />

quale si è in precedenza definito, è per così dire corretta nella sua forma<br />

semantica di tipo universale in grazia della percezione che permette che un<br />

singolo oggetto sia in sé determinato e attribuito di un “significato indicato”. Per<br />

questo motivo, avverte Husserl, mentre nel caso dell’ascoltatore, il cui ambito<br />

visivo non è necessariamente immediato, ad imporsi inizialmente è soltanto<br />

«l’idea indeterminata e generale che si rinvii a qualcosa», nel caso del parlante,<br />

non sussistendo per lui alcuna successione, il rinvio stesso è «eo ipso diretto in<br />

modo determinato alla cosa» 494 . Esemplificando, il dettato delle Logische<br />

Untersuchungen afferma che: «Quando dico questo (…) lo scopo vero e proprio<br />

del discorso non sta [nella sua] generalità, ma nell’intenzione diretta all’oggetto<br />

in questione. Ciò che si ha di mira è l’oggetto stesso e la sua pienezza<br />

contenutistica (…). In questo senso l’intenzione diretta è il significato primario<br />

ed indicato» 495 . Proprio in virtù della “direzione” immediata cui rispondono i<br />

pronomi dimostrativi, essi sono apparentabili, secondo Husserl, ai nomi propri,<br />

«quando questi ultimi fungono nel loro significato effettivo. Infatti anche il nome<br />

proprio denomina l’oggetto “direttamente”. Esso non lo intende in modo<br />

491<br />

E. Husserl, Logische Untersuchungen, Zweiter Band: Untersuchungen zur Phänomenologie<br />

und Theorie der Erkenntnis. Zweiter Teil, cit., p. 550; trad. it. p. 315.<br />

492<br />

Ivi, p. 552; trad. it. p. 317.<br />

493<br />

Ivi, p. 553; trad. it. pp. 318-319.<br />

494<br />

Ivi, p. 557; trad. it. p. 322.<br />

495<br />

Ivi, pp. 557-558; trad. it. pp. 322-323.<br />

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