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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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dimostra determinante per la coerenza della enunciazione proustiana è<br />

soprattutto il fatto che «il rapporto metaforico si stabilisca fra due termini già<br />

legati da una relazione di contiguità spazio-temporale». Ne consegue che la<br />

scrittura della Recherche fa premio sia sull’asse verticale del rapporto metaforico<br />

sia su quello orizzontale descritto dalla traiettoria metonimica, in una<br />

combinazione che riunisce entrambe nell’ordito testuale e ne accresce<br />

l’omogeneità 1077 . Come avviene in Flaubert, dove ogni cosa verrebbe tramutata e<br />

assorbita senza alterarne la sostanza uniforme 1078 , in ragione del fatto che<br />

l’azione si trasforma in «impressione originaria», diventando perciò implicita<br />

ogni causa del fenomeno visivo 1079 , così in Proust si vorrebbe perseguire una<br />

rappresentazione che unifichi due impressioni eterogenee ed in apparenza<br />

incompatibili, rivelandone sia metaforicamente che metonimicamente la nascosta<br />

appartenenza. Per quanto infatti si possa affermare che «la poetica proustiana<br />

[sia] metaforica e la metafora attinga a sua volta a una fonte onto-diaforica», la<br />

quale svela la propria autenticità nel legame nella distanza che pone fra due<br />

momenti perfettamente individuati 1080 , deve altresì rimarcarsi l’istanza<br />

metonimica che permea lo stile di pensiero proustiano e senza la quale la stessa<br />

logica metaforica sarebbe compromessa.<br />

Limite estremo dello stesso poter/non poter essere del romanzo, la<br />

fecondità della metonimia ha nel Tempo il proprio punto d’origine, in quanto<br />

ultima risorsa «per rimpiazzare l’insostituibile, il referente unico con un altro che<br />

è ancora un altro istante», diverso e nondimeno uguale 1081 . La prerogativa che<br />

l’immagine fotografica ha di serbare in un singolare intreccio di spazio e di<br />

tempo l’apparizione unica di una lontananza, per quanto essa possa essere<br />

vicina 1082 , può permettere di introdurre il principio metonimico che inerisce al<br />

Tempo. Il “punctum” fotografico, nella accezione che al termine ha conferito<br />

1077 G. Genette, Figure III, cit., p. 63, dove pure si menziona il contenuto della significativa<br />

lettera del 12 (13?) giugno 1904 a Madame de Noailles, nella quale, fra l’altro, si sostiene che se<br />

si cerca ciò che costituisce la bellezza assoluta di talune opere ci si accorge che non è la<br />

profondità o tale o tal’altra virtù ad essere eminente, ma «una specie di fusione, di unità<br />

trasparente, dove tutte le cose, perdendo il loro primo aspetto di cose, sono venute a raccogliersi<br />

le une con le altre in una sorta di ordine, penetrate dalla medesima luce, viste le une nelle altre,<br />

senza una sola parola che resti all’esterno, che sia rimasta refrattaria a questa assimilazione (…).<br />

Penso si tratti di quella che di chiama la vernice dei maestri [vernis des maîtres]» (M. Proust,<br />

Correspondance, cit., vol. IV, pp. 155-157, qui p. 156).<br />

1078 M. Proust, Contre Sainte-Beuve, cit., p. 269; trad. it. p. 70.<br />

1079 M. Proust, À propos du “style” de Flaubert, in Essais et articles, cit., pp. 588-589; trad. it. p.<br />

541.<br />

1080 M. de Beistegui, Jouissance de Proust. Pour une esthétique de la métaphore, Michalon, Paris<br />

2007, pp. 180-181.<br />

1081 J. Derrida, Les morts de Roland Barthes, in Id., Chaque fois unique, la fin du monde, Galilée,<br />

Paris 2003; trad. it. di M. Zannini, Le morti di Barthes, in Ogni volta unica, la fine del mondo,<br />

Jaca Book, Milano 2005, pp. 53-86, qui p. 80.<br />

1082 W. Benjamin, Piccola storia della fotografia, cit., p. 485.<br />

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