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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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come individuo concreto, a, per l’appunto, un dato sensibile». Per tale motivo, in<br />

quest’ultimo caso, conclude Husserl, «non abbiamo, in quanto sentire, una<br />

coscienza fondata, la quale sarebbe fondata in questa più profonda coscienza di<br />

un’oggettività individuale » 838 . Al contempo, però, sulla scorta di quanto nello<br />

stesso torno di anni, nel II Libro delle Ideen, Husserl ha appuntato, si rileverà<br />

altresì che il rapporto che lega il soggetto all’oggetto è vincolato<br />

dall’atteggiamento cui il primo si conforma: se esso è di tipo «naturalistico», si<br />

volgerà «verso la realtà “obiettiva”»; altrimenti esso assumerà un carattere<br />

«personalistico», al quale incliniamo già da sempre nei nostri generali rapporti<br />

con l’«ambiente circostante [Umwelt]» 839 . In entrambi codesti atteggiamenti si<br />

dovrà d’altra parte porre come presupposto il fatto che «i concetti di io e di<br />

mondo circostante sono inseparabilmente in un rapporto reciproco» 840 , il che<br />

comporterà l’assunzione entro l’ambito della cosiddetta «”oggettualità naturale”»<br />

di tutto l’insieme degli oggetti conoscibili 841 , ovvero la definizione della natura<br />

come correlato d’una conoscenza pura, la quale è portata a costruire un universo<br />

concettuale che sottintende, invariabilmente, un universo già presente: «il mondo<br />

percepito» 842 .<br />

L’interpretazione, avanzata in primo luogo da Merleau-Ponty, secondo la<br />

quale l’esito ultimo della riflessione husserliana sarebbe consistito, di fronte al<br />

tentativo di indicare la sfera profonda delle intenzionalità primordiali, nel<br />

discoprimento dell’evidenza originaria rappresentata dal «mondo della doxa, più<br />

o meno chiaro nelle sue istanze», e dunque nella constatazione che il fine «della<br />

filosofia riflessiva è impossibile, poiché essa deriva tutto dall’irriflesso» 843 , non<br />

esaurisce tuttavia il compito di seguire retrospettivamente il movimento di<br />

un’archeologia fenomenologica, che, quantunque iscritta in quel «complessivo<br />

“universo” spazio-temporale» costituito dalla natura, in quanto «ambito<br />

complessivo dell’esperienza possibile» 844 , conduce al riconoscimento d’un<br />

«mondo rappresentato (…) che anticipa le possibilità del suo essere reale in<br />

sempre nuove costruzioni e ricostruzioni» 845 . Il manifestarsi di questa<br />

838<br />

E. Husserl, Die Bernauer Manuskripte über das Zeitbewusstsein, cit., p. 173.<br />

839<br />

E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie.<br />

Zweites Buch, cit., p. 183; trad. it. pp. 187-188.<br />

840<br />

Ivi, p. 185; trad. it.p. 190.<br />

841<br />

Cfr. ivi, pp. 25-27; trad. it. pp. 29-31 (§ 11).<br />

842<br />

M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 109. Il critico osserva altresì che «a differenza del<br />

primo, che si dà come mondo costruito, [il mondo percepito] si dà in carne ed ossa, Leibhaft. Ha<br />

un carattere insormontabile, al di sotto del quale non c’è niente».<br />

843<br />

X. Tilliette, Husserl et la notion de Nature. Notes prises au cours de Maurice Merleau-Ponty,<br />

in «Revue de Métaphysique et de Morale», 3, 1965; trad. it. di G. D. Neri, Husserl e il concetto<br />

di Natura, in Negli specchi dell’Essere, cit., pp. 25-33, qui pp. 32-33.<br />

844<br />

E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie.<br />

Zweites Buch, cit., p. 1; trad. it. p. 7.<br />

845<br />

Ms. A VII 1, trascrizione pp. 7 e 9 (7a, 8a, 9a): «Il mondo è continuamente essente per me in<br />

parte come già unanimemente certo d’essere, in parte ancora sulla strada della correzione nei<br />

singoli problematici tempi che si inseriscono in quanto è già certo d’essere. E così esso è sempre<br />

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