PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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all’istanza ultima del pensiero fenomenologico, alla sua incompiutezza e al suo<br />
modo di procedere incoativo, la laboriosità dell’opera proustiana consiste<br />
nell’accettare l’arbitrarietà del ricordo, quando questa significhi l’impossibilità di<br />
cercare nella realtà della vita e della morte l’equivalente del ricordo 1356 .<br />
Radicalizzando fino a farlo precipitare nella contraddizione il significato dello<br />
scrivere, in quanto gesto che sempre dovrebbe essere preceduto da un<br />
antecedente che ne autorizzi la fondazione, la Recherche assume su di sé il<br />
rischio di poter fermare il proprio cominciamento 1357 , avendo revocato in dubbio<br />
l’autenticità del reale, in favore della possibilità sempre possibile di un passato<br />
che non è mai stato, non è, e giammai sarà. Ne consegue che il dettato proustiano<br />
non offre né un approdo né una soluzione all’interrogazione fenomenologica che<br />
domandi un perché per l’apparire delle cose, ma definisce l’ambito in cui tale<br />
apparire possa/non possa aver luogo, offrendo in tal modo un sostegno al<br />
principio fondativo che il metodo husserliano chiede di incarnare per ogni<br />
esperienza di pensiero. Come la possibilità che distingue l’accadere della<br />
Recherche, in quanto libro sempre a venire è scevra di ogni condizionamento<br />
logico-causale, essendo possibilità pura e quindi, in pari tempo, impossibilità<br />
pura, così, in una prospettiva che accetti di interpretare la meditazione<br />
fenonomenologica senza l’illazione imposta dal limite, la sempre possibile<br />
presenza del fenomeno si manifesta consustanziale alla sua sempre possibile<br />
assenza: alea infinita ed inalterabile, che ci avvince e soggioga, facendoci salire<br />
in un impeto dalla vita sognata alla veglia di Morte.<br />
«Strane creature sono questi umani,<br />
vedono dove nulla è da vedere,<br />
leggono quello che non fu mai scritto,<br />
stringono insieme confuse figure,<br />
e sanno strade nell’eterna tenebra» 1358 .<br />
1356 M. Merleau-Ponty, Proust-Mémoire, in Id., L’institution. La passivité. Notes de cours au<br />
Collège de France (1954-1955), Édition Belin, Paris 2003; trad. it. di S. Guindani, Proust-<br />
Memoria, in S. Guindani, Lo stereoscopio di Proust, cit., pp. 119-129 passim. Inoltre M.<br />
Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 31.<br />
1357 Giudicando dei caratteri dell’opera d’arte, M. Blanchot ha sostenuto che nella loro autenticità<br />
essi possono compendiarsi in un cominciamento che l’opera d’arte conferisce sì alla storia,<br />
indicandole la possibilità d’un punto di partenza, ma senza che, a sua volta, l’opera stessa<br />
cominci, essa infatti «è sempre anteriore ad ogni inizio, è sempre già finita» (Id., La Littérature et<br />
l’expérience originelle, in Id., L’espace littéraire, cit.; trad. it. di G. Neri, La letteratura e<br />
l’esperienza originale, in Lo spazio letterario, cit, pp. 183-216, qui p. 199).<br />
1358 H. von Hofmannsthal, Der Tor und der Tod, in Id., Gedichte und Lyrische Dramen, in Id.,<br />
Gesammelte Werke in Einzelaugaben, Bermann-Fischer Verlag, Stockholm 1946; trad. it. di G.<br />
Pintor, Il folle e la morte, in H. von Hofmannsthal, Narrazioni e poesie, Mondadori, Milano<br />
1972, pp. 115-135, qui p. 135.<br />
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