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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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Se si consultano gli Esquisses, si osserverà che nella sua prima versione, l'autore<br />

avrebbe voluto iniziare il romanzo adoperando il modo imperfetto: «J'étais<br />

couché depuis une heure environ» 203 . L'adozione di tale tempo avrebbe però<br />

significato l'accettazione di una prospettiva chiusa rispetto ad una contingenza<br />

mutevole in sé e rispetto al proprio io, laddove, all'opposto, in quelle prime<br />

pagine era necessario scegliere un punto di vista che cogliesse la realtà delle cose<br />

nell'interstizio in cui «il tempo del sonno e quello della veglia s'incrociano e si<br />

confondono» 204 . Più esattamente, l'impiego dell'imperfetto avrebbe significato un<br />

sapere previo circa ciò che si stava verificando. Chiunque narri un accadimento<br />

secondo il modo che è stato definito de «le passé du savoir», fa infatti ritenere<br />

che ogni imprevedibilità che il tempo possa lasciar supporre sia venuta meno: «le<br />

passé est le temps vu rétrospectivement, en se plaçant à un point final. C'est le<br />

temps vu a posteriori, c'est le temps fini» 205 . Se, tuttavia, si tiene ferma codesta<br />

regola, il tempo del sonno, non essendo finito, dal momento che non è mai<br />

cominciato, non potrebbe – come Proust esemplarmente mostra – essere divisato<br />

a posteriori.<br />

Su codesta questione, già Eugen Fink ha richiamato l'attenzione,<br />

rilevando come il motivo del sonno sia da riguardarsi quale emblematico<br />

«exemplum crucis» per l'analisi fenomenologica, dal momento che di esso non è<br />

possibile ottenere alcun concetto analitico: «il sonno non è affatto un vissuto<br />

[Erlebnis], esso è privo della "polarizzazione dell'Io" ["Ichpolarisierung"], è<br />

privo, nel complesso, della correlazione noetico-noematica». In tal senso, il<br />

sonno sarebbe da considerarsi come «l'estremo rapporto immergente l'io attuale<br />

nel suo mondo; esso non è quindi un "essere-privo-di mondo" ["Weltlossein"]<br />

(una sorta di semplice immanenza senza un orientamento costitutivo di senso<br />

verso il "mondo"), bensì è un "aver-perduto-il mondo"["Weltverlorenhaben"]. Il<br />

sonno è la presente perdita-di-mondo dell'io originario», in quanto modo<br />

determinato «dell'attuale [des Gegenwärtigens]» 206 . Ciò contro cui, in queste<br />

osservazioni degli anni Trenta, Fink, segnatamente, si appuntava era la<br />

convinzione espressa da Husserl che i momenti del sonno e della veglia, nella<br />

loro essenza, dovessero considerarsi indistintamente accomunati «nella unità<br />

203 M. Proust, Esquisse I, in À la recherche du temps perdu, cit., vol. I, p. 633.<br />

204 G. Macchia, La prima frase della Recherche, in Id., Tutti gli scritti su Proust, Einaudi, Torino<br />

1997, pp. 135-137. Si ricorderà altresì che lo stesso Proust aveva rilevato come «un certo uso del<br />

passato prossimo [l'imperfait de l'indicatif], – di questo tempo crudele che ci presenta la vita<br />

come qualcosa di effimero e, insieme, di passivo, e che, nell'atto stesso in cui rievoca le nostre<br />

azioni, conferisce loro un carattere illusorio e le annichila nel passato, senza lasciarci (come il<br />

passato remoto [le perfait]) la consolazione dell'attività, – è rimasto per me una fonte inesauribile<br />

di misteriose tristezze» (Id, Journées de lecture, in Mélanges, in Contre Sainte-Beuve, cit., pp.<br />

160-194, qui p. 170, nota dell'Autore; trad. it. di M. Bongiovanni Bertini, Giornate di lettura, in<br />

Scritti mondani e letterari, cit., pp. 215-249, qui p. 226).<br />

205 B. Groethuysen, De quelques aspects du temps. Notes pour une phénomenologie du Récit, in<br />

«Recherches Philosophiques», 5, 1935-1936, pp. 139-195, qui p. 157 e p. 162.<br />

206 E. Fink, Studien zur Phänomenologie 1930-1939 (Phaenomenologica 21), Martinus Nijhoff,<br />

Den Haag 1966, pp. 63-64 passim.<br />

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