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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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morti che mi tendevano delle braccia impotenti e amorose, e sembravano dire “Facci<br />

risorgere!”» 1163 .<br />

L’occhio di Proust, ove gli fosse possibile spogliarsi della consistenza che ogni<br />

immagine reca con sé, guadagnerebbe la visione di un passato ancestrale, di un<br />

tempo già da sempre abissalmente perduto, qual’è racchiuso nell’informità della<br />

morte 1164 . Tale informità non segna il limite concettuale della presenza, grazie<br />

alla cui mediazione si realizza la manifestazione 1165 , ma si definisce come<br />

assenza-della-presenza, ovvero come presenza-della-assenza, caratterizzante<br />

tanto lo spazio del soggettivo quanto quello dell’oggettivo: «è difficile, se non<br />

impossibile – in realtà è pena gnoseologica insopportabile – apprendere tutto<br />

questo, perché il farlo comporta penetrare in una presenza e in un’assenza<br />

contemporaneamente e trasformare il savoir nel più profondo comprendre e in<br />

un abissale penser» 1166 . Come Ulisse a cospetto dell’ombra della madre 1167 , il<br />

narratore proustiano è, di fronte all’esistente, lancinato dal costante dolore di una<br />

perdita che riconosce come insanabile, dal momento che l’intelligibilità<br />

dell’elaborazione del lutto 1168 non può mai spingersi sino al punto di aver<br />

1163 M. Proust, Projets de préface, in Id., Contre Saint-Beuve, cit., p. 215; trad. it. p. 9. Nota al<br />

riguardo S. Givone: «Proust va lavorando ad una poetica che, nonostante le apparenze, non ha<br />

nulla di decadente. Il caduco, l’effimero, ben lungi dall’essere spinti lungo la deriva del divenire,<br />

sono ancorati all’essere. Del quale gli istanti miracolosamenti salvati dal naufragio risplendono in<br />

una eternità celeste. Perché questo appaia occorre la silenziosa fatica dell’oblio; ma appunto<br />

l’oblio restituisce le cose alla loro originaria innocenza, e sciogliendole dalla memoria storica le<br />

presenta alla memoria, dov’esse non sono più per noi ma semplicemente sono» (Id., La memoria<br />

in Dostoevskij e in Proust, in Il tempo della memoria, a c. di G. Ferretti, Marietti, Torino 1987,<br />

pp. 181-194, qui p. 185).<br />

1164 Cfr. E. Lisciani-Petrini, Memoria e compassione. Rileggendo Proust, Bergson, Merleau-<br />

Ponty, in «Il Pensiero», 2, 1999, pp. 47-67, in part. p. 66.<br />

1165 Come osserva, leggendo Proust attraverso Blanchot, F. Sossi, «la morte portatrice di senso è<br />

l’evento stesso della manifestazione, o meglio ancora, è l’evento della rappresentazione in cui<br />

grazie al linguaggio che le nomina le cose vengono alla luce della presenza concettuale» (Ea.,<br />

Filosofia di Proust, cit., p. 162).<br />

1166 P. Boitani, Prima lezione sulla letteratura, Laterza, Bari-Roma 2007, p. 129.<br />

1167 Cfr. M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., p. 523; trad. it. p. 636; ivi, p. 528; trad. it. p. 643,<br />

rimandando, per un apprezzamento critico dell’opera proustiana in relazione all’episodio di<br />

Ulisse agli inferi, all’accurato studio di F. Létoublon, L. Fraissé, Proust et la descente aux enfers:<br />

les souvenirs symbolique de la nekuia d’Homère dans la Recherche du Temps perdu, in «Revue<br />

d’histoire littéraire de la France», 6, 1997, pp. 1056-1085, attento nel rimarcare il legame<br />

corrente fra la discesa nell’Ade ed il processo della memoria involontaria e quindi nel suggerire<br />

che, per Proust, la figura dell’eroe omerico andrebbe riguardata come quella di un mago, di un<br />

profeta pronto a sondare le latebre dell’animo umano, simbolizzate dalle ombre dei morti.<br />

D’altronde già P. Citati aveva notato che la Recherche poteva leggersi come «un’ininterrotta<br />

negromanzia: un’incessante rievocazione dei morti», priva, però, di quel rituale consolidato che<br />

invece l’Ulisse omerico mostrava assai ben di conoscere, e per questo soggetta al gioco del caso,<br />

dei «doni improvvisi della memoria» (Id., La colomba pugnalata. Proust e la Recherche,<br />

Mondadori, Milano 1995, p. 174, ma cfr. altresì le pp. 333-340).<br />

1168 Fa giustamente osservare J.-F. Viaud che in Proust «l’elaborazione del lutto conduce,<br />

nell’assenza dell’oggetto reale, disinvestito per forza, ad un sovrainvestimento dell’oggetto<br />

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