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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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fenomenalizzazione primaria, coincidente con «la nostra vita stessa nel suo<br />

pathos inestatico» 952 . Infatti, l’impossibilità che il vedere, fenomenologicamente,<br />

sia tale in sé e per sé – lo si è osservato pure nel corso del precedente capitolo –<br />

dovrebbe non già farsi discendere da una fenomenalità originaria radicata in un<br />

pensiero impedito di fuggire dal suo orizzonte finito, ma, al contrario,<br />

dall’impossibilità per lo sguardo intenzionale di cogliere la sfera della<br />

temporalità originaria, spingendosi oltre il reciproco intreccio di presentazione<br />

oggettuale e di presente riflessivo. In tal senso, quanto parrebbe essere richiesto<br />

dalla meditazione husserliana nel suo ultimo tratto, sarebbe implicitamente<br />

correlato al superamento di quella dimensione di senso dischiusa dalla riduzione<br />

dell’esperienza trascendentale alla sfera appartentiva 953 , dimensione nella quale<br />

era ancora ricondotta nell’orizzonte egologico «la divisione dell’intero campo<br />

trascendentale di esperienza» 954 , in favore di un riconoscimento di un ambito di<br />

significato nel quale l’io stesso si trova ad essere ricompreso in una modalità<br />

originaria. Come si legge nella Krisis, «io non sono un io che attribuisca ancora<br />

una validità naturale al suo tu e al suo noi ed ad una sua comunità totale di cosoggetti»<br />

955 . La modalità originaria dell’io non ammetterebbe una sua<br />

declinazione al plurale o al singolare 956 . Diversamente da quanto fosse<br />

952 M. Henry, Fenomenologia materiale, cit., p. 149.<br />

953 Cfr. E. Husserl, Cartesianische Meditationen, cit., pp. 124-130; trad. it. pp. 116-121 (§44).<br />

Efficacemente S. Taguchi, Das Problem der “Ur-Ich” bei Edmund Husserl. Die Frage nach der<br />

selbstverständlichen “Nähe” des Selbst (Phaenomenologica 178), Springer, Dordrecht 2006, p.<br />

156, ha rilevato che: «la riduzione primordiale pretende la differenza tra il proprio e l’estraneo<br />

come premessa, affinché essa possa in modo programmatico escludere l’ultimo e delimitare in<br />

modo contrastivo il primo. In tal modo questa esclusione negativa del senso “estraneo” deve<br />

essere fortemente distinta da quella epoché radicalizzata, la quale porta all’emergenza la<br />

dimensione problematica dell’io originario; questa esclusione mette fuori uso proprio il senso<br />

presupposto della differenza fra proprio ed estraneo e consiste quindi in ciò, di non usare più<br />

questo senso».<br />

954 E. Husserl, Cartesianische Meditationen, cit., p. 131; trad. it. p. 122.<br />

955 E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale<br />

Phänomenologie, cit., p. 188; trad. it. p. 210.<br />

956 «Altri io sono, sono non-io. L’Io, così detto, come la parola stessa effettivamente dice in<br />

modo originario, non ammette alcun plurale [Andere Ich sind, sind nicht Ich. Ich, so gesprochen,<br />

wie das Wort wirklich ursprünglich bedeutsam ist, läßt keinen Plural zu]»,afferma il Ms. B I 14,<br />

trascrizione p. 5 (127 a), menzionato anche da S. Taguchi, il quale altresì rileva che, per Husserl,<br />

«ogni carattere del “né plurale né singolare” non significa alcuna diffusa generalità<br />

[Allgemeinheit], bensì piuttosto rimanda ad un modo dell’”Individualità” [Individualität] nel<br />

senso della singolarità [Einzigartigkeit]; questa, tuttavia, deve essere nettamente distinta dalla<br />

semplice “particolarità” [Einzelheit], presupponendo la “particolarità” una “molteplicità”<br />

[Vielheit]. (…). Il senso proto-modale dell’”io” imprime una “individualità” unica nel suo<br />

genere, la quale, però, non può essere compresa come singolarità esemplare. (…). L’io protomodale<br />

può nondimeno essere compreso come sostantivizzazione, non come nome generico. Nel<br />

discorso husserliano sul senso protomodale dell’”io” si tratta di un senso estremamente primitivo,<br />

il quale già da sempre scivola verso una equiparazione di senso ed una omogeneizzazione dell’iosoggetto.<br />

Egli appartiene ad una dimensione che, in un campo universal-omogeneizzante del<br />

senso oggettivo, nel quale ogni cosa è equiparata all’altra, per principio non appare» (Id., Das<br />

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