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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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iscontrabile in particolare nella Quinta delle Cartesianische Meditationen, nella<br />

quale si offriva una messa a tema della nozione di “compenetrazione” fra proprio<br />

ed estraneo, fra l’io e gli altri 957 , che non dovrebbe essere comunque intesa come<br />

Problem der “Ur-Ich” bei Edmund Husserl, cit., pp. 159-160). Ma in questa direzione muove<br />

altresì l’esplicito dettato del già menzionato Ms. B I 14, trascrizione pp. 24-25 (138): «Un io – è<br />

non io. Io non ho vicino a me un secondo io del quale potrei dire che questo sono io. Questo è<br />

rosso e questo è un altro rosso. Questa è una casa, questa è un’altra casa. Questo è io – un io,<br />

questo è un altro io. Ma non diciamo mai: un io. In realtà non si può dire se io significa<br />

propriamente io. Si può dire un uomo e un altro uomo, ma invero non un io e un altro io. L’io è<br />

assolutamente individuale, ma è individuale nel mondo come il luogo determinato, il qui e ora è<br />

individuale nella temporalità spaziale? Ma l’io non è nascosto nel qui e ora, il qui non è infine il<br />

mio qui? Se si dice il nostro qui, allora mi domando: nostro qui? – non è nascosto nel “nostro” di<br />

nuovo un io? Non vuol dire: io è gli altri essenti con me? Qualcuno fa una affermazione, se la<br />

dico io, se dico “noi”, allora io sono colui che entra nel senso. Oppure la dice un altro? Io ho<br />

detto appena queste parole, io sono colui che conferisce il senso; l’altro è il mio altro, e però in<br />

quanto egli non è io, dalla mia prospettiva, è colui che ha il senso degli altri, un altro io. L’”io”<br />

può moltiplicarsi soltanto, dalla mia prospettiva, nei modi degli altri. Io sono solo, non<br />

semplicemente una volta “esistente”, una volta presente, bensì il presupposto di tutte le presenze.<br />

Ma gli altri sono infinitamente molti, e ci sono i molti, ora come semplici altri, ora come altri<br />

degli altri, e tutti sono eguali in quanto che tutti loro, anche gli altri indiretti, sono<br />

contemporaneamente altri diretti, ma gli altri sono tali nel senso che io sono un altro per loro. E<br />

mentre io sono il presupposto per tutto ciò che è dicibile per l’appunto per me nella “mondanità”,<br />

così ogni altro che si dice come un altro io, come un altro unico, può riferire tutto a sé –<br />

l’obiettivo è riferito a tutti gli altri così come a me – nello scambio dell’essere altro<br />

reciprocamente. L’io unico – il trascendentale. Nella sua unicità l’io pone “altri” io unici<br />

trascendentali – in quanto “altri”, i quali a loro volta pongono altri in unicità [Ein Ich – ist nicht<br />

ich. Ich habe nicht neben mir ein zweites, von dem ich sagen könnte, das bin ich. Das ist rot –<br />

das ist auch rot; das ist ein Haus – das ist ein anderes Haus. Das ist Ich – ein Ich, das ist auch<br />

ein Ich. Aber wir sagen nie: ein Ich. Man kann so eigentlich nicht sagen, wenn Ich eben Ich<br />

bedeutet. Man kann sagen ein Mensch und ein anderer Mensch, aber eigentlich nicht ein Ich und<br />

ein anderes Ich. Ich ist absolut individuell – aber ist es individuell wie in der Welt etc. was<br />

individuell ist, in der Raum-Zeitlichkeit, der bestimmte Ort, das Hier und Jetzt? Aber steckt nicht<br />

im Hier und im Jetzt das Ich, ist das Hier nicht letztlich mein Hier? Sagt man unser Hier, so<br />

frage ich: unser hier – steckt nicht im “unser” wiederum Ich, sagt es nicht: ich und die mit mir<br />

seienden Anderen. Das Gesagte sagt jemand, sage ich es, sage ich wir, so bin ich das in den Sinn<br />

Eingehende. Oder sagt es ein Anderer? Ich sagte soeben diese Worte, ich bin Sinn gebend, der<br />

Andere ist mein Anderer, und als das ist er nicht ich, aber von mir aus den Sinn Anderer, anderes<br />

Ich habend. “Ich” kann sich nur vervielfältigen von mir aus in den Modis Anderer. Ich bin<br />

einzig, nicht bloß einmal “vorkommend”, einmal vorhanden, sondern Voraussetzung aller<br />

Vorhandenheiten. Aber Andere gibt es unendlich viele, und es gibt da die Vielen, bald als<br />

schlichte andere, bald als Anderer der Anderen, und sie alle sind wieder darin gleich, daß sie<br />

alle, auch die mittelbaren Anderen zugleich direkte Anderer sind, aber die Anderen sind<br />

sinngemäß solche, für die ich Anderer bin. Und während ich Voraussetzung für alles bin, das<br />

aussagbar ist eben für mich in der “Weltlichkeit”, so darf doch jeder Andere als anderes Ich<br />

aussagend, als anderer Einziger, alles auf sich beziehen – das Objektive ist auf alle Anderen<br />

bezogen wie auf mich – im Austausch des füreinander Anderer Sein. Das einzige Ich – das<br />

transzendentale. In seiner Einzigkeit setzt es “andere” einzige transzendentale Ich – als<br />

“andere”, die selbst wieder in Einzigkeit Andere setzen]».<br />

957 Cfr. E. Husserl, Cartesianische Meditationen, cit., in part. §§ 44 e 49-50. Come ha sostenuto<br />

B. Waldenfels, Fenomenologia dell'estraneità, a c. di G. Baptist, trad. it. di R. Cristin, F.<br />

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