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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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conseguenza che la cosa percepita potrà darsi allo sguardo solo in modo<br />

incompleto 819 . Si scorge qui un embrionale, eppure significativo elemento di<br />

superamento di quella «legge ermeneutica di simmetria, per cui ciò che è escluso<br />

dalla semiologia dell’oggettivazione esteriore ha da essere incluso in una<br />

complementare semiologia dell’oggettivazione interiore», legge che è alla base<br />

d’ogni fenomenologia classica della percezione 820 . In tale gesto teorico si è però<br />

voluta anche ravvisare un’attestazione della «inemendabilità» del mondo<br />

esterno 821 , il quale – secondo quanto si afferma in Erfahrung und Urteil – «è<br />

Boden zu gewinnen, auf den alle rechtmäßigen Begriffs und Urteilsbildungen über Welt und<br />

Natur angewiesen sind. Um Rechtmäßigkeit, Richtigkeit zu haben, müssen sie ursprünglich<br />

einsichtig aus derjenigen vollkommenen Anschauung geschöpft, ihr adäquat sein, die ihr eigener<br />

Sinn als Wahrheitssinn vorschreibt, und damit nicht Scheinurteile, eben auf unvollkommener<br />

Anschauung beruhende uns in Widersprüche verwickeln. Welterfahrung ist aber wesensmäßig<br />

unvollkommene Anschauung von der Welt. Sie ist es, sofern sie Wahrnehmung, Erinnerung und<br />

so überhaupt zwar Erfahrung von der Welt ist, aber jede wirkliche Erfahrung, jede endliche und<br />

abgeschlossene als Aktus, meiner oder unserer, perzipiert, indem sie apperzipiert. Jede wirkliche<br />

Erfahrung ist, wissen wir, schon horizzonthaft und damit präsumptiv. Aussagen über die Welt, in<br />

sie eingehende Begriffe über die Welt, über die Totalität von Realen, Aussagen auch über ein<br />

einzelnes Reales haben mit der Erfahrungsrichtigkeit doch die ganze Präsumptivität der<br />

Erfahrung in sich]».<br />

819 E. Husserl, Analysen zur passiven Synthesis, cit., p. 3; trad. it. p. 33: «È necessario<br />

innanzitutto richiamare l’attenzione sul fatto che l’aspetto [Aspekt], l’adombramento prospettico<br />

in cui ogni oggetto spaziale inevitabilmente si manifesta, porta a manifestazione quest’ultimo<br />

solo unilateralmente. Per quanto compiutamente una cosa possa essere percepita, essa non<br />

coincide mai con la totalità delle proprietà che nella percezione le spettano e che la costituiscono<br />

in quanto cosa sensibile».<br />

820 E. Melandri, La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull’analogia, Quodlibet, Macerata<br />

2004, p. 272; e più oltre Melandri nota ancora: «un realismo empirico e non trascendentale deve<br />

essere consapevolmente equivoco, ammettere categorie diverse e gradi differenti di realtà. Il<br />

criterio del reale va sostituito con quello di “ontologia regionale”: il realismo empirico si<br />

trasforma in fenomenologia dell’oggettivazione dell’esperienza. D’altra parte la fenomenologia è<br />

una forma di idealismo empirico, piuttosto che trascendentale. La Wahrheitslogik della<br />

fenomenologia è diversa sia dalla Konsequenzlogik dei calcoli logistici sia dalla Formenlehre di<br />

una semantica pura» (Ivi, p. 594).<br />

821 M. Ferraris, tornando a riflettere su quanto avesse sostenuto ne Il mondo esterno, Bompiani,<br />

Milano 2001, in part. pp. 97-106, dove aveva, tematizzando la nozione di “inemendabilità”.<br />

rilevato come «già nelle descrizioni della percezione, da che si comincia a parlare di<br />

“precategoriale”, si implica che quanto si dà, per esempio sensibilmente, è destinato a diventare<br />

categoria (…): di diritto il mondo si può considerare archeologicamente logico perché lo è<br />

anzitutto teleologicamente, giacché, con l’iperbole del trascendentale, il senso finale dell’attività<br />

deve trovarsi già interamente racchiuso nella passività originaria» (Ivi, p. 101), ha recentemente<br />

ribadito che «l’inemendabilità è ciò che emerge nell’incontro tra aïshgsiq e nágsiq, e che rende<br />

l’aïshgsiq irriducibile alla nágsiq. (…). È pochissima cosa, ma, se ci pensiamo un momento, la<br />

stragrande maggioranza delle nostre esperienze (…) sembra rientrare nella sfera della realtà<br />

incontrata. Una realtà distinta dalla realtà rappresentata, quella di cui abbiamo consapevolezza e<br />

che possiamo rigirare nella nostra mente a nostro piacimento, almeno entro certi limiti» (Id.,<br />

Perché è meglio che la sintesi sia passiva. Trascendentalismo e naturalizzazione, in<br />

Neurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfida dell’esperienza cosciente, a c. di M.<br />

Cappuccio, Mondadori, Milano 2006, pp. 369-381, qui p. 373). Ma a questo riguardo occorrerà<br />

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