PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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sono, con più forza, tornati a porre 945 , invitando, pur in assenza d’una esplicita<br />
chiarificazione da parte di Husserl, ad avanzare una interpretazione propensa a<br />
definire la temporalizzazione della Vor-Bewusstheit non già come l’«estatica<br />
unità dell’impressione originaria, della ritenzione e della protenzione» 946 , ma<br />
come l’eccesso del tempo sul tempo. L’ontificazione cui potrebbe essere<br />
sottoposta la pre-unità di coscienza non determina infatti la sua collocazione<br />
entro quella «serie di “ora” costantemente “semplicemente-presenti” e tuttavia<br />
trascorrenti e affluenti», nella quale sembrerebbe compendiarsi la struttura<br />
ordinaria del tempo 947 ; essa, piuttosto, potrebbe essere riguardata come il punto<br />
d’ingresso in una sfera «Sensibile non-sensibile [unsinnliche Sinnliche]» 948 , a<br />
patto, però, d’intendere questa definizione in un’accezione disposta a procedere<br />
al di là di Hegel, ossia in un’accezione che, benché incline a riconoscere che<br />
«non è già nel tempo [in der Zeit] che tutto nasce e muore; [essendo] il tempo<br />
stesso questo divenire, nascere e morire» 949 , e benché disposta, all’interno di<br />
questo stesso pensiero, a riconoscere che quanto non si riduce ad un continuum<br />
di istanti è una istanza sintetica che assume i modi di un “veder venire” 950 , già si<br />
mostra consapevole del fatto che «veder venire sarebbe sempre veder venire<br />
senza vedere, sia che si veda al di là del visibile presente, sia che non si veda<br />
nulla, sia ancora che quanto si annuncia o sorprende senza essersi mai<br />
annunciato non abbia nulla a che vedere con la vista e non dia mai nulla da<br />
vedere» 951 . D’altra parte in questa prospettiva la dinamica interna alla non<br />
attualità dei modi di apparire che ineriscono ciascuna percezione non si<br />
limiterebbe a stagliarsi su quello sfondo di «immanenza radicale» all’atto stesso<br />
di vedere, imposto da una forma di «auto-donazione», la quale farebbe sì che il<br />
vedere sia sempre più che se stesso, essendo esso già da sempre compreso in una<br />
945 E. Husserl, Die Bernauer Manuskripte über das Zeitbewusstsein, cit., p. 207: «Ma non<br />
dovremmo dedurre che un processo originario, che non si costituisce per se stesso come<br />
processo, e che dunque è conscio di sé, è impensabile? Quindi ogni vissuto deve essere<br />
consapevole e anche la coscienza d’esso deve essere consapevole. Ogni cosa dipende dalla<br />
chiarificazione dell’autoriferimento del processo che costituisce i vissuti di primo grado, un<br />
autoriferimento che dapprima suona come il Barone di Münchhausen che tirandosi per il codino<br />
si trae fuori dalla palude e al quale non possiamo rinunziare, se si vogliono evitare i regressi<br />
all’infinito, il che è davvero un punto di vista più secondario. Il primario punto di vista risiede<br />
nelle considerazioni sopra svolte che rivendicano un diritto all’evidenza. I rapporti evidenti<br />
possono in se stessi celare cose ancora incomprensibili; finché esse non sono completamente<br />
esaminate, possono dar motivo per obiezioni “logiche”, che sono accompagnate da impossibilità<br />
logiche, la cui evidenza proviene da altre sfere, e da concetti vaghi che ci persuadono».<br />
946 D. Zahavi, Time and Consciousness in the Bernau Manuscripts, in «Husserl Studies», 20,<br />
2004, pp. 99-118, qui p. 114.<br />
947 M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 504.<br />
948 G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, cit., p. 439, § 258.<br />
949 Ivi, p. 441.<br />
950 C. Malabou, L’Avenir de Hegel. Plasticité, Temporalité, Dialectique, Vrin, Paris 1996, p. 29.<br />
951 J. Derrida, Les temps des adieux. Heidegger (lu par) Hegel (lu par) Malabou, in «Revue de<br />
Philosophie de la France et de l’étranger», 1, 1998; trad. it. di S. Soresi, Il tempo degli addii.<br />
Heidegger (letto da) Hegel (letto da) Malabou, Mimesis, Milano 2006, p. 23.<br />
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