PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
che fin dal I Libro delle Ideen sosteneva l’impossibilità per l’atteggiamento<br />
naturale di mettere a tema l’intenzionalità pur in esso fungente 1288 , si aggiunge,<br />
nell’ultimo tratto del pensiero husserliano, quella che ritiene l’intenzionalità, in<br />
quanto «presenza costantemente onni-primordiale», inesauribile da parte di ogni<br />
atto costitutivo di sempre nuove oggettività 1289 . Il continuo sopravanzar-si<br />
dell’atto intenzionale fungente starebbe a significare che:<br />
«la vita assoluta trascendentale, la quale è presupposta o con-posta con la tesi [Setzung] dell’ego<br />
cogito implicite, è l’ininterrotta pre-temporalizzazione, nella quale quindi il tempo originario, il<br />
pre-tempo nella costituzione vivente, risiede ininterrottamente (il che vuol dire finché ego<br />
cogito). In questo pretempo sono nel “flusso” di questa vita non solo costituite le unità<br />
pretemporali (i vissuti nella temporalità dei vissuti) – cioè la “costituzione”, nel primo senso,<br />
appartenente alla coscienza, nel primo senso, quello pretemporalizzante – bensì anche, e ora in<br />
un senso nuovo, tutti i gradi degli enti per l’io, ma pure correlativamente anche l’io stesso» 1290 .<br />
Parrebbe da questo passo potersi trarre indicazione circa una non coincidenza fra<br />
la pre-posizione dell’io ed il suo effettivo manifestarsi e oggettivarsi; ovvero, in<br />
una forma più radicale, parrebbe rendersi esplicita l’impossibilità per l’io<br />
d’essere “come tale”. Tale impossibilità non sarebbe d’altra parte da intendere<br />
alla stessa stregua di una negazione, in quanto mediazione fra attività e passività<br />
trascendentali, all’interno della più generale analisi genetica 1291 , e neppure,<br />
autonomamente realizzato e compreso nel potere della identificazione ripetibile a piacere, la<br />
quale a sua volta indica il potere della realizzazione di un grado più elevato, dell’identico come<br />
tale. Ma poi abbiamo l’ontico di un grado inferiore e di un grado superiore, l’inferiore come mero<br />
passaggio dell’attività e del suo proporsi pratico in senso ordinario. L’interesse pratico è interesse<br />
che “alla fine” mira a qualcosa: a creare nuovi enti; e questo risiede nel grado superiore. In tutti i<br />
gradi però abbiamo un lato egologico anonimo. Non si dovrebbe confondere questo anonimo con<br />
il passaggio o confondere l’inconscio con ciò che non è propriamente acquisito o non è<br />
propriamente azione».<br />
1288 Cfr. E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen<br />
Philosophie. Erstes Buch, cit., pp. 50-51; trad. it. pp. 63-65, § 28, dove, segnatamente, si afferma:<br />
«Finché vivo naturalmente, io vivo ininterrottamente entro questa forma fondamentale di ogni<br />
vivere “attuale”, sia che io affermi o no il cogito, sia che mi diriga “riflessivamente” sull’io e sul<br />
cogitare o no. Se mi comporto in questo modo, vivo un nuovo cogito che da parte sua non è<br />
riflesso, e quindi non è per me oggettuale» (Ivi, p. 64).<br />
1289 E. Husserl, Zur Phänomenologie der Intersubjektivität. Dritter Teil (1929-1935), cit., p. 595;<br />
trad. it. p. 263. Osserva a questo proposito G. Brand, Io, Mondo e Tempo nei manoscritti inediti<br />
di Husserl, cit., p. 71: «In quanto noi riconosciamo che l’anonimo “agire” egologico (…) ci<br />
conduc[e], attraverso le sue implicazioni molteplicemente graduate, verso la totalità della<br />
coscienza come vita-che-esperisce-il mondo, riconosciamo che l’intenzionalità non è altro che<br />
l’esperire-il-mondo, che funge anonimamente in ogni esperienza e che le fornisce senso ed<br />
essere. La vita-che-esperisce-il-mondo è l’intenzionalità che funge nell’anonimia».<br />
1290 E. Husserl, Zur Phänomenologische Reduktion, cit., pp. 180-181.<br />
1291 Così ritiene J. Derrida, Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, cit., in part. pp.<br />
213-215, che propriamente afferma che la negazione potrebbe intendersi forse come il momento<br />
della genesi stessa, nel suo articolarsi fra una “ricettività antepredicativa” e una “attività logica”.<br />
La negazione non appartebbe quindi a nessuno dei momenti definiti, pur restando legata ad ogni<br />
costituzione. In questa prospettiva, mancando Husserl di chiarire la “duplicità” propria alla<br />
292