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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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di Bedeutung si deve oltrepassare l’ambito linguistico, per attestarsi all’interno<br />

della «intera sfera noetico-noematica», ossia all’interno della sfera di tutti gli atti,<br />

«siano o no intrecciati [verflochten] con atti espressivi» 1178 . Tale precisazione fa<br />

procedere la riflessione oltre la questione di trovare un fondamento intuitivo e<br />

percettivo su cui possa basarsi il discorso, invitando, piuttosto, ad una verifica<br />

sulle condizioni che darebbero luogo alla concentrazione, nel «punto focale della<br />

Lebendigkeit», dell’intero plesso concettuale che sostanzia la fenomenologia 1179 .<br />

In tal senso, all’affermazione husserliana per la quale «nel discorso isolato il<br />

significato [Bedeutung] di io si realizza essenzialmente nella rappresentazione<br />

immediata della propria personalità» 1180 , l’opporre che, come non è necessario<br />

percepire per comprendere un enunciato di percezione 1181 , così «il valore<br />

significante dell’Io non dipende dalla vita del soggetto parlante» 1182 , si<br />

rivelerebbe euristicamente efficace soltanto ove alla conclusione secondo cui la<br />

fenomenologia è vincolata, nel definire la originalità della Bedeutung, al «telos<br />

della visione» 1183 , se ne aggiunga un’altra che postuli una teleologia universale,<br />

cui inerisce una sorta di intenzionalità implicita e non-egologica fungente.<br />

Perché meglio si chiarifichi tale ultima teleologia, occorre una<br />

und Gegenständlichkeit in der Phänomenologie Edmund Husserls, Verlag Dr. Kovac, Hamburg<br />

2004, p. 88).<br />

1178 Ivi, p. 256; trad. it. p. 307.<br />

1179 Si riassume in tale passo de La voix et le phénomène la posizione assunta da J. Derrida<br />

rispetto all’opera husserliana. Il filosofo francese muove infatti da una concezione che reputa la<br />

fenomenologia una «metafisica della presenza nella forma dell’idealità» ed, insieme, «una<br />

filosofia della vita, non solamente perché nel suo centro la morte non si vede riconoscere che una<br />

significazione empirica e estrinseca di accidente mondano, ma perché la sorgente del senso in<br />

generale è sempre determinata come l’atto di un vivere, come l’atto di un essere vivente, come<br />

Lebendigkeit» (Id., La voce e il fenomeno, cit., p. 39; ma cfr. pure pp. 89-90). S. Petrosino ha<br />

sostenuto che questo tono, nella lettura che Derrida dedica alla meditazione husserliana, sarebbe<br />

«ultimamente heideggeriano», dal momento che Husserl, diversamente dall’autore di Sein und<br />

Zeit, smarrirebbe e negherebbe alla morte ogni portata metafisica e teoretica (Id., Jacques<br />

Derrida e la legge del possibile, Jaca Book, Milano 1997, pp. 68-69). A sua volta, M. Ferraris<br />

ravvisa in queste pagine oltre ad un precipitato heideggeriano una eco hegeliana, ravvisabile a<br />

partire nella nozione stessa di différance. Come in Hegel si ha una descrizione del movimento<br />

dello spirito che coincide con la negazione/conservazione del dato empirico, così Derrida,<br />

nell’affrontare la fenomenologia, sosterrebbe la correlazione della idealità gnoseologica con la<br />

presenza ontologica e con la finitezza antropologica (Id., Postille a Derrida, Rosenberg &<br />

Sellier, Torino 1990, in part. pp. 32-35).<br />

1180 E. Husserl, Logische Untersuchungen, Zweiter Band: Untersuchungen zur Phänomenologie<br />

und Theorie der Erkenntnis. Erster Teil, cit., p. 88; trad. it. p. 351.<br />

1181 Cfr. Ivi, p. 56; trad. it. p. 317: «Come in ogni enunciato, anche in quello percettivo, noi<br />

distinguiamo fra contenuto e oggetto, in modo tale che con contenuto si intende il significato<br />

[Bedeutung] che può essere correttamente appreso da chi ascolta, anche se non è egli stesso il<br />

soggetto percipiente».<br />

1182 J. Derrida, La voce e il fenomeno, cit., p. 138.<br />

1183 Ivi, p. 139. Poco oltre, Derrida nota altresì che «l’eidos è determinato in profondità dal telos.<br />

(…). Il telos che annuncia il compimento promesso per “dopo” aveva già, prima, aperto il senso<br />

come rapporto all’oggetto» (Ivi, p. 140).<br />

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