PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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del libro a venire, annunciato fin dall’episodio della madeleine 1057 , pone dei<br />
problemi che non possono risolversi facendo ricorso alla mera associazione di<br />
idee, non riuscendo essa a spiegare il sorgere di una sensazione passata che non<br />
ha, tuttavia, alcun equivalente nel reale 1058 . Questo, definito dalla percezione<br />
cosciente e dalla memoria volontaria nei suoi tratti distintivi, non trova stabile<br />
determinazione ove ad imporsi sia quella doppia articolazione di identità e<br />
differenza che è circoscritta nell’essenza della memoria involontaria, in quanto<br />
cifra immateriale co-presente a tutti i tempi 1059 . D’altra parte, se può affermarsi<br />
che, in Proust, la somiglianza fra due momenti è superata verso una identità più<br />
profonda, e pertanto la contiguità che apparteneva al momento passato è superata<br />
verso una più profonda differenza 1060 , quanto dovrà rimarcarsi resta il puro esser<br />
possibile/impossibile della memoria involontaria, senza il quale non soltanto non<br />
potrebbe intendersi la capacità di codesta speciale memoria di conservare la<br />
differenza nel momento lontano e la ripetizione nell’attuale 1061 , ma anche la sua<br />
incapacità di andare al di là dell’immagine istantanea dell’eterno.<br />
«Giungerà mai alla superficie della mia coscienza lucida quel ricordo, quell’istante remoto che<br />
l’attrazione di un identico istante è venuta così da lontano a sollecitare, a scuotere, a sollevare nel<br />
mio io più profondo? Non lo so. Adesso non sento più niente, si è fermato, forse è ridisceso; chi<br />
può dire se risalirà mai dalla sua notte?» 1062 .<br />
Alla indubitale onnipotenza della memoria involontaria che fa essere se stessa<br />
nei modi di una assoluta autonomia, parrebbe, seguendo lo stesso pensiero<br />
proustiano, corrispondere una irrimedibile impotenza che trarrebbe la sua<br />
ragione dall’avere tale memoria tanto la possibilità di esplicarsi, di riuscire a<br />
recuperare ancora una volta l’immagine sfuggente del passato, quanto quella di<br />
restare inerte, muta, insondabile. Diversamente da Baudelaire, al tempo<br />
1057<br />
M. Proust, Du côté de chez Swann, cit., p. 47; trad. it. p. 59: «E come in quel gioco, che piace<br />
ai giapponesi, di buttare in una ciotola di porcellana piena d’acqua dei pezzettini di carta a tutta<br />
prima indefinibili che, non appena immersi, si stirano, assumono contorni e colori, si<br />
differenziano diventando fiori, case, figure consistenti e riconoscibili, così, ora, tutti i fiori del<br />
nostro giardino e quelli del parco di casa Swann, e le ninfee della Vivonne, e la brava gente del<br />
villaggio e le loro piccole abitazioni e la chiesa e tutta Combray e la campagna circostante, tutto<br />
questo che sta prendendo forma e solidità è uscito, città e giardini, dalla mia tazza di tè». Sulla<br />
rilevanza di questo passo quale luogo di germinazione del romanzo, in quanto creazione di e per<br />
un soggetto chiamato a toccare una nuova, estrema tappa di un costante lavoro di interpretazione,<br />
si è soffermato P. Piret, L’essence infuse. Expérience affective et programme d’écriture dans<br />
Combray, in «Poetique», 114, 1998, pp. 209-219.<br />
1058<br />
Come a più riprese osserva G. Deleuze, leggendo l’episodio della madeleine ci si trova<br />
dinanzi ad una creazione che «sorge in modo assoluto, in una forma non mai vissuta, nella sua<br />
“essenza” o nella sua eternità» (Id., Marcel Proust e i segni, cit., p. 13, ma cfr. pure p. 54).<br />
1059<br />
Cfr. C. Enaudeau, Impliqué, compliqué. À travers Merleau-Ponty et Deleuze, in «Europe»,<br />
849-850, 2000, pp. 266-279, in part. p. 276.<br />
1060<br />
G. Deleuze, Marcel Proust e i segni, cit., p. 57.<br />
1061<br />
Ivi, p. 58.<br />
1062<br />
M. Proust, Du côté de chez Swann, cit., p. 46; trad. it. pp. 57-58.<br />
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