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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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architettura definitivamente compiuta, ma mantenendosi in un perenne<br />

mutamento, quello medesimo cui è soggetta la nostra visione delle cose. La<br />

rappresentazione del reale non si compirebbe, pertanto, in una descrizione,<br />

quanto in una ripetuta verifica delle sue stesse condizioni di possibilità 1334 ,<br />

sicché anche i vincoli dell’“archiviazione”, intesa come momento che offre, nella<br />

sua linguistica e scritturale «corporeità [Leiblichkeit]» 1335 , una sequenza<br />

narrativa alla memoria dichiarativa, non potrebbero trovare riconoscimento,<br />

perché già da sempre sono venuti meno i principi costitutivi d’ogni<br />

testimonianza. Se la specificità d’una testimonianza consiste nel fatto che<br />

«l’asserzione di realtà è inseparabile dal sua accoppiamento con<br />

l’autodesignazione del soggetto testimone», con la conseguenza che ciò che<br />

viene attestato è «indivisibilmente la realtà della cosa passata e la presenza del<br />

narratore sui luoghi dell’occorrenza» 1336 , nel caso di Proust si può, in modo<br />

esemplare, individuare la messa in rilievo d’una crisi inscritta in ogni criterio di<br />

immanenza realistica. Gli strenui sforzi da lui compiuti per approntare, con la<br />

maggiore precisione possibile, una “tecnica micrologica”, rivelano, nel loro<br />

decisivo compiersi, l’impossibilità di aver ragione della preponderanza<br />

dell’insieme continuamente cangiante dei fenomeni che ci circondano e ai quali<br />

assistiamo. Nemmeno infatti la malizia con la quale Adorno legge le prime<br />

pagine della Recherche, ritenendole emblematiche della incapacità di Proust «di<br />

cominciare con l’informazione a proposito di qualcosa di non reale come se<br />

Cézanne dei filosofi francesi. Da Merleau-Ponty a Deleuze, in Il Cézanne degli scrittori, dei<br />

poeti e dei filosofi, a c. di G. Cianci, E. Franzini, A. Negri, Bocca Editori, Milano 2001, pp. 251-<br />

270, in part. pp. 251-259). Già, d’altronde, V. Woolf aveva sostenuto, in un saggio del 1925, che<br />

«se tutti i dipinti moderni andassero distrutti, un critico del XXV secolo potrebbe dedurre da<br />

Proust l’esistenza di Matisse, Cézanne, Derain e Picasso» (Ea., Pictures, in Ea., The Moment and<br />

Other Essays, Harcourt & Brace, New York 1948; trad. it. di F. de Giovanni, Quadri, in V.<br />

Woolf, Immagini, Liguori, Napoli 2002, pp. 66-79, qui p. 66).<br />

1334 Cfr. N. Arabadjieva Baquet, Rendre visible sans décrire: Proust et la réhabilitation de la<br />

représentation, in Littérature et représentations artistiques, éd. par F. Parisot, L’Harmattan,<br />

Paris-Budapest-Torino 2005, pp. 157-170: «Cosciente dei limiti della parola, l’autore de La<br />

Recherche du temps perdu usa la referenza non descrittiva, che, per dei significanti linguistici<br />

(nomi propri, titoli, altri denominatori), introduce uno scarto in rapporto al linguaggio» (Ivi, p.<br />

170). Quanto ad una più generale definizione dei problemi connessi al rapporto fra<br />

rappresentazione e narrazione, si rinvia a P. Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, cit., in part.<br />

pp. 340-355.<br />

1335 Come sottolinea J. Derrida, Introduzione a “L’origine della geometria” di Husserl, cit., pp.<br />

142-143, Husserl a più riprese (Id., Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die<br />

transzendentale Phänomenologie, cit., p. 369; trad. it. p. 384; Id., Formale und transzendentale<br />

Logik, cit., p. 25; trad. it. p. 27), parla di un «corpo proprio linguistico [Sprachleib]», ovvero di<br />

una «corporeità spirituale [geistige Leiblichkeit]», a voler rimarcare come la lingua ed in<br />

particolare la scrittura non sia «solamente l’ausiliario mondano e mnemonico d’una verità il cui<br />

senso d’essere farebbe a meno in se stesso di ogni registrazione. Non soltanto la possibilità o<br />

necessità d’essere incarnata in una grafia non è più estrinseca e fattuale in rapporto all’oggettività<br />

ideale: essa è la condizione sine qua non del suo compimento interno. (…). L’atto di scrittura è<br />

quindi la più alta possibilità d’ogni “costituzione”».<br />

1336 P. Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, cit., p. 229.<br />

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