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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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medesimo malvagio è stato debolmente umiliato e vive abbastanza a lungo per constatare che i<br />

suoi tenebrosi progetti sono stati sventati? Infatti non ricordavo più con esattezza cosa fosse<br />

successo a quei personaggi, il che del resto non li differenziava dalla persone che si trovavano<br />

quel pomeriggio da Madame de Guermantes e la cui vita passata era ai miei occhi, almeno per<br />

parecchi di loro, non meno vaga che se l’avessi letta in un romanzo mezzo dimenticato» 380 .<br />

L’esperienza dell’«abolizione del tempo» – ha scritto Blanchot – «significa<br />

percorrere tutta la realtà del tempo, e percorrendola sperimentare il tempo come<br />

spazio e luogo vuoto, cioè libero dagli avvenimenti che lo riempiono sempre<br />

nella vita ordinaria» 381 . Ciò implica, prosegue il critico, l’adozione di un tempo<br />

puro, che trova il proprio alveo in seno al racconto, in quanto luogo in cui<br />

l’elemento temporale è sperimentato «come fuori (…), sotto forma di uno spazio,<br />

l’immaginario spazio in cui l’arte trova e dispone le sue risorse» 382 . Che in<br />

Proust il tempo oggettivo sia sostituito, con un atto di sovversione, dal tempo<br />

della scrittura traspare in modo perspicuo dalle ultime pagine della Recherche,<br />

dove alla decisione di intraprendere la stesura dell’opera succede l’angoscia di<br />

non poterla portare a compimento: «Un giorno anche i miei libri, come il mio<br />

essere di carne, avrebbero certo finito per morire. Ma bisogna rassegnarsi a<br />

morire. Si accetta il pensiero che fra dieci anni noi, fra cento anni i nostri libri,<br />

non ci saremo più. La durata eterna non è promessa ai libri più che agli<br />

uomini» 383 . Si ravvisa in questo passo il tentativo di sottoporsi ad una catarsi dal<br />

tempo reale, che, tuttavia, nel suo stesso affermarsi avverte la cogenza delle<br />

stagioni, il loro alternarsi tanto foriero di promesse e di attese quanto esiziale.<br />

Volersi sottrarre al tempo distruttore espone, infatti, al rischio vertiginoso di<br />

380 M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., pp. 492-493; trad. it. pp. 599-600.<br />

381 M. Blanchot, L’esperienza di Proust, cit., p. 22.<br />

382 Ivi, p. 22. Per il plesso di questioni emergenti da tale messa a tema dell’elemento scritturale e<br />

narrativo nella riflessione di Blanchot: M. Foucault, La penséè du dehors, in «Critique», 229,<br />

1966; trad. it. di C. Milanese, Il pensiero del di fuori, in M. Foucault, Scritti letterari, Feltrinelli,<br />

Milano 1996, pp. 111-134; F. Collin, Maurice Blanchot et la question de l’écriture, Gallimard,<br />

Paris 1986.<br />

383 M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., pp. 620-621; trad. it. p. 755. Scrive a tale proposito M.<br />

Ferraris che il tempo ritrovato segna non già la rottura con il tempo perduto, «ma la sua<br />

apocalissi, il suo svelamento e la sua realizzazione, proprio come l’idea vitalistica e biologica del<br />

romanzo richiede necessariamente la caducità dei suoi personaggi. Ma soprattutto, la vera<br />

redenzione del tempo perduto non è affidata alle pagine del tempo ritrovato, ma principalmente<br />

ai lettori futuri, che sapranno servirsi delle leggi generali tramandate dal romanzo». In tal modo,<br />

l’autobiografia rappresentata dalla Recherche sopravviverà in altre persone, mai direttamente<br />

conosciute dallo scrittore. (Id., Ermeneusi di Marcel Proust, Guerini, Milano 1987, p. 105). Sulla<br />

possibilità di leggere il romanzo proustiano come una autobiografia ha insistito F. Cambi,<br />

sostenendo che con la Recherche si compie una rottura che è insieme anche una rivelazione nel<br />

genere autobiografico, lo scrittore francese avrebbe infatti inaugurato «sia una lettura ancora più<br />

“estrema” dell’autobiografia sia una sua collocazione a fondamento (pur senza fondamenti) della<br />

realtà e del suo senso» (Id., L’autobiografia come metodo formativo, Laterza, Bari-Roma 2002,<br />

p. 68, ma si veda l’intero capitolo dedicato a Proust, pp. 51-71).<br />

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