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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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velleitario 744 , l’opera proustiana cerca di rappresentare l’assenza che pertiene ad<br />

ogni percezione, la quale, per il troppo concentrarsi sul singolo elemento, ovvero<br />

per l’eccessivo sforzo di volerlo tal qual è richiamare alla mente, è costretta ad<br />

ammettere ogni volta la propria inadeguatezza; una inadeguatezza che l’opera<br />

d’arte non può sanare, ma può riflettere meglio d’ogni altra forma espressiva,<br />

essendo affetta da una radicale ambiguità che da un lato le vieta di ridursi<br />

l’écriture aveva osservato che «la metafora della vita aperta», sovente ravvisabile in Freud, era<br />

«in relazione con il tema del ritardo supplementare e della ricostituzione del senso ritardato»,<br />

dopo essere germinata dalla «fatica sotterranea di una impressione», la quale a propria volta<br />

aveva lasciato una «traccia laboriosa che non è mai stata percepita, vissuta nel suo senso al<br />

presente, cioè coscientemente. Il post-scriptum che costituisce il presente-passato come tale non<br />

si accontenta, come forse hanno potuto pensare Platone, Hegel e Proust, di risvegliarlo o di<br />

rivelarlo nella sua verità» (Id., Freud et la scène de l’écriture, in Id., L’écriture et la différence,<br />

cit.; trad. it. di G. Pozzi, Freud e la scena della scrittura, in La scrittura e la differenza, cit., 255-<br />

297). Ma invero, se proprio si volesse cercare un’affinità fra la psicanalisi freudiana e la poetica<br />

proustiana, si potrebbe verificare come per entrambe il comportamento umano sia casuale e<br />

contingente; ed infatti la scrittura del romanzo, come il Notes magico di Freud, registra<br />

prontamente ogni variazione, sforzandosi di stabilire, sia pure a fatica, delle connessioni causali,<br />

a partire dalle quali le idee non sono sempre sviluppate, ma reiterate in una forma scarsamente<br />

modificata: «la prosa procede, ma insieme si ripete; suggerisce, ma contemporaneamente insiste.<br />

(…). Proust ha creato una dinamica del conoscere, un ritratto della mente nel suo divenire. Non<br />

soltanto è stata data una tangibile forma alla indeterminatezza e alla indecisione della mente, ma i<br />

rischi che essa corre appaiono come tali: le sue idee ora cantano, ora balbettano. (…). Una<br />

scrittura come questa, mentre la leggiamo, trasmette la ricerca epistemologica ai nostri nervi e al<br />

nostro polso» (M. Bowie, Freud, Proust and Lacan. Theory as Fiction, Cambridge University<br />

Press, Cambridge 1987; trad. it. di M. Spinella, Freud, Proust e Lacan. La teoria come finzione,<br />

Dedalo, Bari 1992, p. 113). E tuttavia, sui rapporti fra poetica proustiana e decostruzionismo,<br />

all’insegna del riconoscimento d’una loro latente comunanza teorica, cfr. P. V. Zima, Vom<br />

Marcel Proust zur Dekonstruktion. Le “monde des différences”, in Marcel Proust und die<br />

Philosophie, hrsg. v. U. Link-Heer, V. Roloff, Insel, Frankfurt a. M. 1997, pp. 213-227.<br />

744 Il passo che nel modo più emblematico denunzia il manierato estetismo di certi appassionati<br />

d’arte è in Le Temps retrouvé, pp. 470-471; trad. it. pp. 572-573. Come nota P. D’Angelo, «solo<br />

la confutazione in re dell’estetismo permetterà al Narratore di scoprire che l’arte è l’unico mezzo<br />

per ritrovare il tempo perduto, scoprendo così che l’arte ci schiude il terreno del sapere, del senso<br />

e con ciò può dare significato alla vita». (Id., Estetismo, il Mulino, Bologna 2003, in part. pp.<br />

283-293, qui p. 290). D’altronde già V. Mathieu aveva sostenuto che l’estetismo della sua epoca<br />

aveva certo influenzato l’autore francese, anche in ragione della sua carica contestatrice dei dati<br />

immediati delle apparenze; ma affinché svolgesse tale funzione era necessario che esso stesso<br />

non fosse preso sul serio, ma fungesse da semplice mezzo per provvedere ad un dissolvimento<br />

del presente, che tuttavia non si risolvesse in un’assenza totale, perché altrimenti nessuna potenza<br />

né emotiva né rievocativa avrebbe potuto trovare ingresso (Id., L’estetismo di Proust:<br />

disfacimento e creazione, in «Rivista di estetica», 4, 1959, pp. 269-287). Testualmente una prova<br />

del superamento dell’estetismo si avrebbe, stando a L. Keller, L’autocitation chez Proust, in<br />

«Modern Language Notes», 95, 1980, pp. 1033-1048, fin dalle pagine che, ne Le Plaisirs et les<br />

jours, descrivono la morte di Baldassare Silvande (Ivi, pp. 9-28; trad. it. di M. Bongiovanni, La<br />

morte di Baldassare Silvande, visconte di Silvania, in I piaceri e i giorni, cit., pp. 9-28), la cui<br />

dipartita, posta sotto il segno dell’autenticità, parrebbe contrapporsi ad ogni artificio,<br />

determinando quello scacco decisivo, a livello e di scrittura e di riflessione poetica, delle teorie<br />

sull’immortalità dell’arte che Proust aveva inizialmente attinto dalla frequentazione di Wilde,<br />

Montesquiou, Barrès.<br />

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