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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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tensione del passato e del presente e, in quanto insieme, la colmerebbe 262 , ma<br />

profilerebbe pure la necessità di verificare se la riflessione possa compiere tale<br />

opera di unificazione una volta che ciascuna singola sfera temporale sia assunta<br />

entro la dimensione del «tempo immanente» 263 . È d’altronde lo stesso Husserl a<br />

rilevare:<br />

«Il tempo soggettivo, il mio tempo, il tempo del mio essere immanente. Che cos’è il “tempo<br />

immanente”? E che ne è dell’io identico? Noi operiamo nel flusso proto-originale [uroriginalen]<br />

una riduzione al proto-originale [Uroriginale] – escludendo tutte le rievocazioni, noi le<br />

assumiamo come esse stesse sono nel presente originale, o, di più: sono io a farlo. Ma questo “io<br />

faccio” appartiene essenzialmente a questo. Io vedo ciò in una riflessione, poi io vedo attraverso<br />

la riflessione la stessa cosa per questa riflessione, anzi io sono sempre avanti, ed io rifletto, e,<br />

come tale, io sono già riflettente» 264<br />

La distanza fra due momenti temporali diversi sarebbe sì resa esplicita dalla<br />

riflessione, ma la relazione che si porrebbe tra quest’ultima e la temporalità<br />

avrebbe, per Husserl, la propria cifra soltanto nell’ambito del vissuto della mia<br />

propria egoità, il quale, una volta sottoposto allo sguardo della riflessione, «si dà<br />

come veramente vissuto, come esistente “adesso”; ma può anche darsi come<br />

vissuto che è appena stato; e, se non era visto, si offre appunto come tale, come<br />

un vissuto che esisteva in maniera irriflessa» 265 . Più propriamente, nel II Libro<br />

delle Ideen, il darsi irriflesso del vissuto della coscienza, tal quale è, viene<br />

indicato come il presupposto della «autopercezione», intesa come «riflessione<br />

dell’io puro su se stesso» 266 . Ciò, tuttavia, non vorrà stare a significare che una<br />

coscienza irriflessa presuppone, a propria volta, un’altra coscienza riflessa, dal<br />

momento che entrambe queste coscienze «appartengono al mio stesso essere, al<br />

mio stesso essere presente – inseparabilmente. Percependo me stesso, esse sono<br />

262<br />

G. Brand al riguardo è fermo nel sostenere che «la differenza dell’io da se stesso, che non<br />

elimina la sua identità, non è altro che la temporalità dell’io, e perciò la riflessione, come intima<br />

possibilità attiva dell’io, è l’esplicitazione del suo essere-originario come essere-temporale» (Id.,<br />

Io, Mondo e Tempo nei manoscritti inediti di Husserl, cit., p. 135). R. Sokolowski fa, d’altra<br />

parte, osservare che: «la riflessione è resa possibile dalla struttura della coscienza interiore del<br />

tempo. Nel percepire qualcosa nel mondo, io esperisco pure il mio atto di percezione e i suoi<br />

elementi sensibili, che sono costituiti come oggetti interni; il mio atto di percezione può condurre<br />

ad un atto di riflessione che si concentra sopra l’atto di percezione o le sue sensazioni. L’atto di<br />

riflessione è esso stesso un oggetto interno e, come ogni oggetto interno, è esperito e costituito<br />

dall’assoluto flusso della coscienza interiore del tempo» (Id., Husserlian Meditations,<br />

Northwestern University Press. Evanston 1974, p. 156).<br />

263<br />

Cfr. L. Tengelyi, L’histoire d’une vie et sa région sauvage, Millon, Grenoble 2005, p. 99.<br />

264<br />

E. Husserl, Späte Texte über Zeitkonstitution (1929-1934). Die C-Manuskripte, cit., pp. 360-<br />

361.<br />

265<br />

E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie.<br />

Erstes Buch, cit., p. 145; trad. it. pp. 184-185.<br />

266<br />

E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie.<br />

Zweites Buch, cit., p. 248; trad. it. p. 249.<br />

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