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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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propria opera, un’origine che si dispiega gradualmente, attraverso un tempo che<br />

è sempre imminente, eppure di fatto non si realizza mai. Già ne La Prisonnière<br />

poteva d’altronde leggersi che quanto accomunasse i romanzi di Dostoevskij,<br />

così come le tele di Elstir e l’epistolario di Madame de Sévigné, fosse la loro<br />

capacità di presentare le cose basandosi sull’effetto, sull’illusione da cui si è<br />

inizialmente colpiti, anziché secondo l’ordine logico, vale a dire cominciando<br />

dalla causa 387 . Ma a ben vedere, è stato sostenuto dalla critica, tale sottordinarsi<br />

dei principi logico-causali a una estetica dell’immediato deriva primariamente,<br />

sebbene in modo non del tutto esplicito, dalla lezione – assai influente su Proust<br />

fin dai suoi anni giovanili – di John Ruskin, ripensata alla luce della poetica degli<br />

impressionisti 388 . Segnatamente, l’autore inglese aveva, nei suoi Elements of<br />

Drawing (1856), affermato che: «la percezione della Forma solida dipende<br />

387 M. Proust, La Prissonnière, cit., p. 880; trad. it. p. 799. Cfr., per una più analitica<br />

delucidazione del passo e di come da esso possa trarsi una significativa analogia tra i complessi<br />

personaggi di Dostoevskij e quelli di Proust, a partire dal barone di Charlus, parimenti<br />

caratterizzati attraverso la composizione di numerosi frammenti fra loro sovente in<br />

contraddizione, C. Ginzburg, Occhiacci di legno. Nove riflessioni sulla distanza, Feltrinelli,<br />

Milano 1998, pp. 29-34. Si veda inoltre V. Descombes, Proust. Philosophie du roman, Minuit,<br />

Paris 1987, in part. il cap. 14, pp. 257-271. Per una disamina sulle peculiarità dell’opera<br />

dostoevskiana in rapporto ai personaggi che la animano, si rinvia alle fondamentali pagine di M.<br />

Bachtin, Problemy poetiki Dostoevskogo, Chudožestvennaja literatura, Moskva 1972; trad. it. di<br />

G. Garritano, Dostoevskij. Poetica e stilistica, Einaudi, Torino 2002, in part. il II capitolo, pp. 64-<br />

102, dove si sottolinea come l’autore russo mostri verso il personaggio un atteggiamento<br />

dialogico, che si compie nel processo creativo stesso: «L’autore – è detto concisamente – parla in<br />

tutta la struttura del suo romanzo non del personaggio ma col personaggio» (Ivi, p. 87).<br />

388 Cfr. J. Autret, L’influence de Ruskin sur la vie, les idées et l’œuvre de Marcel Proust, Droz,<br />

Genève 1955, in part. la III parte, pp. 87-117, dove soprattutto si rileva il debito che Proust<br />

contrae con l’autore inglese riguardo al reciproco implicarsi di percezione e conoscenza, un<br />

rilievo, questo, che è proposto pure da C. D. Painter, Marcel Proust, Chatto & Windus, London,<br />

1959; trad. it. di E. Vaccari Spagnol, V. Di Giuro, Marcel Proust, Feltrinelli, Milano 1965, il<br />

quale afferma che nel definire la missione di Ruskin, essere il dovere dell’artista non<br />

immaginare, bensì percepire la realtà, Proust aveva scoperto la propria. Ma il biografo nota<br />

altresì la influenza che Ruskin ebbe sulla concezione del personaggio di Elstir, il quale è sì un<br />

impressionista, ma da tale poetica egli pure si differenzia: «Sia questi [i. e. gli impressionisti] sia<br />

Elstir si erano proposti il compito di riprodurre la freschezza immediata della realtà così come la<br />

cogliamo al primo sguardo, prima di sapere che cosa vediamo: ma mentre Monet, per esempio,<br />

decompone i colori e i loro contorni ma senza cercare si nascondere il fatto che quello che sta<br />

mostrando è un albero o una vela, l’arte di Elstir è fatta soprattutto di quelle che il Narratore<br />

chiama “ambiguità” o “metafore”» (Ivi, pp. 283-287 passim); cfr. altresì, più di recente, B.<br />

Vouilloux, L’”impressionisme littéraire”: une révision, in «Poétique», 121, 2000, pp. 61-92, in<br />

part. pp. 71-76. Ma per un puntuale riferimento testuale, si veda in particolare la prima parte,<br />

pubblicata per la prima volta nella «Gazette des Beaux-Arts» del 1º aprile 1900, del saggio<br />

dedicato dallo stesso Proust a Ruskin, John Ruskin, in Id., Mélanges, cit., pp. 105-115; trad. it. di<br />

P. Serini, John Ruskin, in M. Proust, Scritti mondani e letterari, cit., cit., pp. 159-168, dove,<br />

significativamente, si legge: «Nonché essere un dilettante o un esteta, Ruskin fu precisamente il<br />

contrario: uno di quegli uomini alla Carlyle, avvertiti, dal loro genio, della vanità di ogni piacere<br />

e, in pari tempo, della presenza, accanto a loro, di una realtà eterna, percepita in modo intuitivo<br />

dall’ispirazione» (Ivi, p. 110; trad. it. p. 164).<br />

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