PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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avverte con estrema lucidità i possibili gravi effetti. Lo scrittore francese è ben<br />
consapevole che ove fosse possibile ricordare non solo ogni cosa, ma pure tutte<br />
le proprie percezioni ed immaginazioni si sarebbe condannati ad una totale<br />
inerzia. Come anticipando le riflessioni del personaggio borgesiano di Funes, il<br />
narratore proustiano sa bene che ove il ricordo si soffermasse eccessivamente sui<br />
dettagli, esso diverrebbe incapace di cogliere le idee generali, le quali per poter<br />
essere comprese richiedono invariabilmente l’intervento della dimenticanza 731 .<br />
Tale convinzione non matura, però, all’interno della poetica proustiana in virtù<br />
della condivisione d’una prospettiva platonica, dal momento che le idee prese in<br />
considerazione da Proust, anche quelle meno legate alla concretezza del visibile,<br />
come quelle musicali, non sono giammai soltanto intelligibili 732 , ovvero<br />
venir meno del linguaggio, sicché i suoi sintomi danno delle indicazioni sulle degenerazioni degli<br />
elementi che agiscono nella lingua come il lessico e la grammatica. Questi stessi rappresentano<br />
pure una specie di memoria, quella che può definirsi la memoria della lingua. Laddove l’asse<br />
paradigmatico è definibile come “il rapporto associativo che unisce i temini in absentia entro una<br />
serie mnemonica virtuale”, l’asse sintagmatico rappresenta l’associazione attuale. La lingua<br />
stessa si presenta quindi come parte della memoria umana e non come qualcosa d’esterno, di<br />
secondario. (…). Il fatto che sorprende è che il narratore accentui la separazione della memoria e<br />
della capacità di parola, il che è reso possibile dal fatto che la malattia è favorevole al discorso<br />
del ricordo. Poiché Charlus resta un appassionato rammemoratore, si ingegna sempre di mettere<br />
in scena le abilità della sua memoria. Ciò significa che noi abbiamo a che fare con delle ipertrofie<br />
del ricordo e allo stesso tempo con una durevole sostituzione e correzione dei significanti, i quali<br />
pregiudicano il contenuto del ricordo e lasciano deviare il ricordo stesso in un non più univoco<br />
testo, che nel migliore dei casi è una vicinanza complessa di correzioni e varianti, di cui nessuna<br />
può essere considerata autentica. Con la perdita della capacità di porre il giusto significante al<br />
momento opportuno, si presenta l’afasia. E quanto più l’afasico ricorda, tanto più si estende la<br />
perdita pure all’ambito del suo discorso» (Ea., Sprachen des Vergessens. Proust, Perec und<br />
Barthes zwischen Verlust und Eingedenken, Fink, München 2003, pp. 65-70 passim). Per una<br />
ricostruzione storica del problema dell’afasia in Proust, particolarmente avvertito dall’autore<br />
anche a seguito degli studi del padre Adrien, autore del saggio medico, De l’aphasie (Asselin,<br />
Paris 1872), cfr. S. Poggi, Gli istanti del ricordo, cit., in part. pp. 53-61.<br />
731 Cfr. J.-L. Borges, Funes, el memorioso, in Id., Ficciones, in Id., Obras Completas, cit.; trad.<br />
it. di F. Lucentini, Funes, o della memoria, in Finzioni, in Tutte le opere, cit., vol. 1, pp. 621-752,<br />
in part. pp. 707-715. V. Vitiello, commentando codeste pagine dello scrittore argentino, ha con<br />
efficacia sottolineato che «la memoria dell’idea non è prima memoria e poi dimenticanza. Così<br />
nel mito, non nella realtà del conoscere. Conoscere universalmente è dimenticare. Perchè<br />
l’universale cancella i particolari, per conservare soltanto i tratti essenziali. Il singolo ed il<br />
singolare è obliato» (Id., Con Borges, nello spazio della memoria, in Id., Non dividere il sì dal<br />
no. Tra filosofia e letteratura, Laterza, Bari-Roma 1996, pp. 21-24, qui p. 23).<br />
732 Notava a questo proposito M. Merleau-Ponty: «(…) nella luce come nell’idea musicale, si ha<br />
un’idea che non è ciò che vediamo, ma dietro: notte o vuoto dell’anima che “si adorna”, “si<br />
varia” o si “decora”, mutuando dal visibile, che è “l’altro lato” del visibile; che si rivela ricca<br />
nell’arte; ma che non lo sarebbe senza di essa; universo e pluralità di universi e milioni di temi<br />
che escono dalla loro notte solo per quanto l’arte mutua dal visibile e dalla parola. Dunque non è<br />
platonismo: queste idee sono senza sole intelligibile, e affini alla membratura del visibile» (Id.,<br />
Notes de cours. 1959-1961, Gallimard, Paris 1996; trad. it. di F. Paracchini, È possibile oggi la<br />
filosofia?, Cortina, Milano 2003, p. 186).<br />
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