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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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distende fra codesti estremi, il tempo non è concettualizzabile nei modi e nelle<br />

forme oggettive, né è interamente assorbito nella narrazione, in quanto «tempo<br />

dell’azione che, soprattutto, è rifigurato grazie alla messa in azione» 633 . Sotto<br />

questo profilo, la «rottura epistemologica» che, nelle pagine de Le Temps<br />

retrouvé, si porrebbe fra l’ambito del romanzesco e quello estetico-dottrinario 634 ,<br />

si replicherebbe, con conseguenze teoriche ben superiori, nella dimensione metanarrativa<br />

che Proust invita ad indagare onde esperire il tentativo di collocare sé e<br />

la propria opera all’interno di quella aporia propria di ogni fenomenologia pura<br />

del tempo che occorre affrontare ove si voglia «fare apparire il tempo stesso» 635 .<br />

Se la difficoltà di trovare un equilibrio fra un atteggiamento narrativo proteso<br />

verso un racconto eterodiegetico, nel quale, cioè, il narratore sia assente dalla<br />

storia, o verso un racconto omodiegetico, nel quale il narratore sia presente come<br />

personaggio nella storia, può dirsi risolta, da un punto di vista dell’analisi<br />

strutturale, in favore dell’adozione del “grado forte dell’omodiegetico”, ossia di<br />

un tipo di narrazione autodiegetica, nella quale il protagonista-narratore non cede<br />

mai il proprio ruolo 636 ; resta purtuttavia impossibile, leggendo la Recherche,<br />

stabilire uno spazio di tempo nel quale si consumi la perfetta coincidenza fra<br />

scrittore e protagonista 637 ; e ciò perché nell’evoluzione esistenziale che il<br />

romanzo proustiano vorrebbe divisare, allorché il romanziere pone il tempo, si<br />

dichiara appartenente ad una sfera che è già extratemporale, così come Marcel<br />

non può mai trovarsi in un mondo cronotopicamente identico a quello che l’ha<br />

creato 638 . Ma a sua volta Marcel stesso potrebbe dar luogo a tale diastema<br />

633<br />

P. Ricoeur, Temps et récit I, Seuil, Paris 1983; trad. it. di G. Grampa, Tempo e racconto I,<br />

Jaca Book, Milano 1986, p. 133.<br />

634<br />

R. Warning, Supplementäre Individualität. Prousts “Albertine endormie”, in Individualität,<br />

hrsg. v. M. Frank und A. Haverkamp, Fink Verlag, München 1988, pp. 440-468, qui p. 456.<br />

635<br />

P. Ricoeur sostiene all’inzio di Temps et récit I che solo in virtù di una fenomenologia del<br />

tempo, quale terzo elemento necessario alla mediazione tra epistemologia della storiografia e<br />

critica letteraria applicata alla narrativa, sia possibile una teoria del tempo raccontato. Sotto<br />

questo riguardo le Zeitvorlesungen di Husserl rappresentano «la principale contro-prova della tesi<br />

del carattere definitivamente aporetico della fenomenologia pura del tempo», intendendo questa<br />

come «una apprensione intuitiva della struttura del tempo che, non solo possa essere isolata<br />

rispetto alle procedure di argomentazione con le quali la fenomenologia si impegna a risolvere le<br />

aporie ereditate da una tradizione precedente, ma anche che non paghi le sue scoperte al prezzo<br />

di nuove aporie sempre più gravi» (Id., Tempo e racconto I, cit., p. 134).<br />

636<br />

Cfr. G. Genette, Figure III, cit., pp. 291-295.<br />

637<br />

Scrive al riguardo G. Macchia: «fin dall’inizio l’io della Recherche non è l’io settecentesco,<br />

rousseauiano, l’io dell’autobiografia della confessione, della difesa e della protesta. Esso non<br />

s’identifica che parzialmente con la persona che scrive. Nei suoi momenti più alti, sguinzagliato<br />

come un levriero alla ricerca della verità, può far pensare all’io di Montaigne, all’io di Cartesio»:<br />

«l’io narrante proustiano si muove, si trasforma, è a suo modo una “costruzione”» (Id., L’io del<br />

Narratore e la lunga strada verso la Recherche, in Id., Tutti gli scritti su Proust, cit., pp. 116-<br />

134, qui pp. 127-128).<br />

638<br />

Cfr. M. Bachtin, Voprosy literatury i estetiki, Izdatek'stvo, Moskva 1975; trad. it. di C. Strada<br />

Janovic, introd. di E. Platone, Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 2001, pp. 403-404: «Se io<br />

racconto (o scrivo) di un avvenimento che mi è appena successo, io in quanto lo racconto (o<br />

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