PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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quale da un lato va verso «una fenomenologia del riconoscimento e della<br />
identificazione» e dall’altro è succube di un «abbagliamento evidente, luminoso,<br />
percettibile, e, insieme, oscuro, enigmatico, difficile da analizzare, soprattutto in<br />
termini semantici o iconici» 1137 . A stemperare le anfibolie che la visione del<br />
quadro presenta, potrebbe intervenire, secondo l’esempio indicato da diversi<br />
episodi che descrivono, nel corso della Recherche, gli ultimi momenti prima del<br />
sopraggiungere della morte, il pretto richiamo all’elemento effettivo, fisico, del<br />
muro 1138 ; e tuttavia accedere ad una tale lettura porterebbe a porre in secondo<br />
piano il movimento che è sotteso alla intuizione del nostro stesso sguardo. “Il<br />
piccolo lembo di muro” evocato e rievocato compulsivamente da Bergotte prima<br />
di spirare, se fosse colto solo badando ad una forma di «carnismo» che pur da<br />
esso promana 1139 , indurrebbe a prendere in considerazione lo sguardo nei modi<br />
di una «armonia prestabilita» fra di esso e le cose 1140 , dimentica, però, delle<br />
«Studi di estetica», 18, 1998, pp. 31-53, ha opportunamente osservato che il colore, diveramente<br />
da quanto stimato, ad esempio, da Husserl, non è un “momento dipendente” dalla cosa percepita;<br />
all’opposto esso è «il “momento del mondo”, di cui dà la “chiave” dell’apparire, rivelandolo<br />
nella tonalità che prende per colui che in esso si trova» (Ivi, p. 43).<br />
1137 G. Didi-Huberman, Devant l’image, Minuit, Paris 1990, pp. 293-294. Correttamente, P.<br />
Kadivar, Marcel Proust ou l’esthétique de l’entre-deux, cit., p. 194, sottolinea come Proust non si<br />
soffermi esplicitamente su queste distinzioni, preferendo mantenersi nella ambiguità. Nondimeno<br />
egli, sottolineando come Bergotte vedesse per la seconda volta nella vita il dipinto di Vermeer,<br />
pone di fatto una differenza fra l’atto di vedere e quello di ri-vedere, con la conseguenza che,<br />
sebbene entrambi gli atti ricorrano, per definire il proprio oggetto, al termine “rappresentazione”,<br />
«il primo l’intende come una descrizione, riproduzione di ciò che vedrà in un secondo tempo per<br />
rendere testimonianza del reale al quale l’opera si riferisce, il secondo l’intende come presenza<br />
della stessa materia della pittura». Quindi nel ri-vedere un oggetto la nozione di<br />
“rappresentazione” andrebbe accolta nel senso non già di un “presentare una seconda volta”,<br />
bensì di un “rendere presente” (Cfr. pure P. Lacoue-Labarthe, J.-L. Nancy, Scène, in «Nouvelle<br />
Revue de Psychanalyse», 46, 1992, pp. 73-98, in part. p. 90).<br />
1138 Si volta verso il muro poco prima di spirare la nonna del narratore (M. Proust, Le Côté de<br />
Guermantes, cit., p. 628; trad. it. p. 400) e parimenti verso il muro si volge l’esangue Charlus<br />
(Id., La Prisonnière, cit., p. 826; trad. it. p. 739); ma, soprattutto, è il narratore a guardare verso il<br />
muro quando ritiene le proprie forze sul punto d’esaurirsi (Id., Le Temps retrouvé, cit., p. 619;<br />
trad. it. p. 753): cfr. A. La Roux-Kieken, Imaginaire et écriture de la mort dans l’œuvre de<br />
Marcel Proust, cit., pp. 117-118.<br />
1139 Come osservano G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, cit., pp. 184-189 passim, il<br />
«carnismo» che ispira l’ultima stagione della fenomenologia non tiene conto del fatto che «la<br />
carne è soltanto il rivelatore che scompare in ciò che rivela: il composto di sensazioni». In tal<br />
senso, non si può, soprattutto di fronte ad una immagine, trascurare “l’esigenza dei limiti”, non<br />
si può, cioè, sottrarre alla sensazione quegli elementi – lembi di muro, porte, finestre, specchi,<br />
pianciti – in virtù dei quali essa si sostiene da sola «in cornici autonome». «In tutti i modi<br />
possibili, è il congiungimento dei piani dai mille orientamenti a definire la casa-sensazione. La<br />
casa stessa (o il suo equivalente) è il congiungimento finito dei piani colorati».<br />
1140 Cfr. M. Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, cit., pp. 148-149: «Il colore è del resto<br />
variante in un’altra dimensione di variazione, quella dei suoi rapporti con ciò che lo circonda:<br />
questo rosso non è tale se non collegandosi dal suo posto ad altri rossi che gli stanno attorno, con<br />
i quali fa costellazione, o ad altri colori che esso domina o che lo dominano, che attira o che<br />
l’attirano, che respinge o che lo respingono. In breve, è un certo nodo nella trama del simultaneo<br />
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