PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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– possibile antipodo del finale del primo volume 1116 –, si trasfigura in un lampo<br />
che balugina improvviso, per lasciare subito spazio al greve buio che contorna<br />
gli invitati, «avanzi di umanità maturi per l’eterno [débris d’humanité pour<br />
l’éternité mûrs]» 1117 , che tramestano lungo la teoria di saloni di Palazzo<br />
Guermantes, incarnando una presenza fessurata dal passato 1118 . L’urto con una<br />
realtà deteriorata ed inattingibile provoca, come prima conseguenza, un senso di<br />
impotenza:<br />
«Non avevo più fede da infondere in tutte quelle nuove componenti dello spettacolo per dare loro<br />
la consistenza, l’unità, la vita; mi passavano davanti in ordine sparso, a caso, senza verità, prive<br />
in se stesse di una qualsiasi bellezza che i miei occhi potessero, come allora, sforzarsi di<br />
comporre» 1119 .<br />
Tien dietro a tali sentimenti di rammaricato disincanto l’evanescenza di un<br />
rapporto vivente con il mondo, con gli altri e con la nostra stessa temporalità, che<br />
tuttavia non parrebbe potersi arrestare facendo soltanto appello ad un recupero<br />
della credenza nei meri dati percettivi o, all’opposto, nella pura autonomia<br />
dell’arte. In Proust fra il mondo fisico e l’arte sussiste una «complessione<br />
ontologica» che si definisce mediante una composizione che la seconda presta<br />
all’inflessione della prima: «l’arte non si inventa nulla: essa è nella disposizione<br />
delle cose» 1120 . Se quindi parrebbe difficile ammettere, nell’ottica suggerita dalla<br />
Recherche, la scissione dell’essenza artistica da un universo incarnato 1121 , è<br />
altresì necessario portare l’interrogazione sul modo in cui un’opera ispirata dalla<br />
visione multipla ed unitaria della memoria possa cogliere il presente nella<br />
propria attualità, sul modo in cui ad una retrospettiva possa essere associata una<br />
1116 Cfr. A. Simon, Proust ou le réel retrouvé, Puf, Paris 2000, p. 139 e p. 142.<br />
1117 Il verso, tratto dal componimento Les petits vieilles di C. Baudelaire, è riportato da Proust nel<br />
corpo del suo saggio su Saint-Beuve (Cfr. Id., Contre Sainte-Beuve, cit., p. 251; trad. it. p. 52).<br />
1118 Assai opportunamente M. Sakai ha rilevato come «la matinée Guermantes presenti un<br />
duplice aspetto: l’immagine della fête-vie da un lato e quella della fête-mort dall’altro. (…).<br />
Questi due aspetti, che si oppongono reciprocamente, mettono in evidenza la “cecità” degli<br />
uomini di fronte alla morte». Proust – prosegue puntualizzando Sakai – è accorto nel mostrarci il<br />
“lato effettivo” che la morte presenta agli uomini ed il modo in cui questi la subiscono sia in un<br />
senso fisico sia in senso sociale e mondano, il che, per contrasto, rende l’atmosfera della festa<br />
straordinariamente indicata per porre in luce una gaiezza che quanto più vuole esorcizzare la<br />
morte tanto più ne lascia presentire l’invisibile presenza (Id., À propos de la mort dans l’œuvre<br />
romanesque de Marcel Proust. La mort et la fête mondaine, in «Études de langue et de littérature<br />
françaises», 46, 1985, pp. 84-100, qui pp. 98-99).<br />
1119 M. Proust, Du côté de chez Swann, cit., p. 417; trad. it. p. 513.<br />
1120 A. De Lattre, Les réalités individuelles et la mémoire, cit., p. 97.<br />
1121 Di tale avviso sono gli studi di ispirazione merleau-pontiana condotti in Francia da A. Simon,<br />
della quale oltre a Proust ou le réel retrouvé, cit., in part. pp. 23-63, si ricorda il precedente,<br />
denso saggio, Proust et l’”architecture” du visible, in Merleau-Ponty et le littéraire, éd. par. A.<br />
Simon et N. Castin, Presses de l’École normale supérieure, Paris 1997, pp. 105-116, e, in Italia,<br />
da M. Carbone, del quale, in particolare, si tornano a menzionare, Ai confini dell'esprimibile e<br />
Una deformazione senza precedenti.<br />
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