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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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hanno il compito di liberare, per se stessa, sempre di nuovo, la verità del<br />

senso» 762 .<br />

Sebbene una consolidata tradizione interpretativa suggerisca di<br />

equiparare la reminiscenza ad un’impressione 763 , tale eguaglianza, sulla scorta<br />

anche di alcune pagine di Du côté de chez Swann 764 , andrebbe ulteriormente<br />

ponderata al fine di constatare come, al venir meno di una visione unitaria del<br />

mondo sostenuta da una logica stabile, si faccia luogo un orizzonte<br />

tendenzialmente infinito, esprimibile solo in parole prive di contorni netti e<br />

definitivi 765 . La precarietà cui è sottoposta ogni forma unitaria del senso<br />

762 J.-L. Nancy, Hegel. L’inquiétude du négatif, Hachette, Paris 1997; trad. it. di A. Moscati,<br />

Hegel. L’inquietudine del negativo, Cronopio, Napoli 1998, pp. 69-71 passim.<br />

763 Osserva M. Butor, I "momenti" di Marcel Proust, cit., p. 179: «L’avvenimento passato,<br />

restituito integralmente in una “reminiscenza”, ci porta ad una verità su se stesso altrettanto<br />

nuova (per il fatto che solo in questo momento esso diventa davvero presente), di quella che si<br />

trova svelata in “una impressione”». E quantunque W. Hachez abbia rilevato che fra “ricordi<br />

involontari” ed “impressioni oscure” (Cfr. M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., pp. 456-457; trad.<br />

it. pp. 556-557) vi siano delle notevoli differenze, dacché i primi si riferirebbero a tutti i sensi,<br />

ma soprattutto a quelli del gusto e dell’olfatto, e non implicherebbero una steresi della realtà, né<br />

una molteplicità di Io, laddove le impressioni oscure farebbero premio specialmente sulla vista e<br />

l’udito, si richiamerebbero ad un altro mondo molto lontano, e non potrebbero mai interamente<br />

essere rievocate nella memoria, essendo radicate nell’inconscio (Id., Impressions obscures et<br />

souvenirs involontaires, in «Bulletin de la Société des Amis de Marcel Proust», 23, 1973, pp.<br />

1672-1704, qui pp. 1699-1700), per Bardeche le “impressioni ” sarebbero in ogni caso da<br />

considerare come parte integrante della «“resurrezione” del passato che è all’origine non solo<br />

della psicologia [di Proust], ma pure della sua visione “in rilievo” degli esseri e degli eventi» (M.<br />

Bardeche, Marcel Proust romancier, cit., vol. 1, p. 271).<br />

764 Cfr. M. Proust, Du côté de chez Swann, cit., p. 153; trad. it. p. 189: «Il tetto di tegole creava<br />

nello stagno, che il sole aveva reso di nuovo specchiante, una marezzatura rosa alla quale, prima,<br />

non avevo mai fatto attenzione. E vedendo che sull’acqua e sulla superficie del muro un pallido<br />

sorriso rispondeva al sorriso del cielo, gridai in preda all’entusiasmo, brandendo il mio<br />

parapioggia arrotolato: “Zut, zut, zut, zut”. Ma immediatamente sentii che sarebbe stato mio<br />

dovere non accontentarmi di quell’opaca esclamazione e cercar di vedere più chiaro nel mio<br />

trasporto» [trad. modificata]; ma pure il passo in cui si descrive il campanile di Vieuxvicq (Ivi,<br />

pp. 178-179; trad. it. pp. 219-220): «Constatando, registrando la forma della loro guglia, il<br />

dislocarsi dei loro contorni, l’effetto del sole sulla loro superficie, sentivo di non arrivare al fondo<br />

della mia impressione, che c’era qualcosa dietro quel movimento, dietro quella luminosità,<br />

qualcosa che essi sembravano nello stesso tempo contenere e nascondere (…) Presto le loro linee<br />

e le loro superfici illuminate dal sole si lacerarono, quasi fossero state una specie di scorza,<br />

qualcosa di ciò che in esse mi si nascondeva apparve, ebbi un pensiero che per me un istante<br />

prima non esisteva e si articolò in parole nella mia testa (…)». Con riguardo a questi due luoghi<br />

della Recherche e tentandone una comparazione, M. Butor ha giustamente osservato: «sotto gli<br />

occhi abbiamo solo una seconda descrizione (seconda nell’ordine delle righe del libro, prima in<br />

una cronologia rigorosa) inutilmente più ricca di immagini. È vano provare a cercare tramite essa<br />

il perché dell’emozione del giovane Marcel, e a questo riguardo, malgrado la sua apparenza<br />

descrittiva, resta opaca come il “zut” pronunciato dalla parte di Méséglise; è un risultato della<br />

questione posta dalle cose, non è ancora una risposta» (Id., I "momenti" di Marcel Proust, cit.,<br />

pp. 177-178).<br />

765 Al riguardo assai opportunamente F. Rella nota che la rottura dell’esperienza conduce Proust<br />

«al tentativo di costruire un diverso e alternativo linguaggio in grado di proporre una diversa<br />

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