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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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ivolta verso il mondo. La de-corporeità si connoterebbe, pertanto, come assenza<br />

di autoconsapevolezza e di autodeterminazione, nonché come mancanza della<br />

implicita comprensione «odologica» dell'ordine concreto del mondo 229 . La<br />

validità di tale lettura si arresta, però, dinanzi alla condizione, posta da Husserl,<br />

di pensare la de-corporeità stessa come un epifenomeno del «vivere desti», vale a<br />

dire dell'«essere desti di fronte al mondo, essere costantemente e attualmente<br />

"coscienti" del mondo e di se stessi come soggetti nel mondo, vivere [erleben]<br />

realmente, attuare realmente la certezza d'essere [die Seinsgewißheit] del<br />

mondo» 230 . Se si pone l'essere desti come invariabile delle strutture formali<br />

generali del mondo della vita si afferma una «ipostasi» che si definisce attraverso<br />

l'ammissione di un «y a», per usare le parole di Lévinas, che segna la linea<br />

d'ombra fra una notte che non è ancora screziata dalla chiarità del giorno e un<br />

giorno che non ha ancora eluso le ambiguità della notte 231 . Sulla rivendicazione<br />

229 J.-P. Sartre, Esquisse d'une théorie des émotions, Hermann, Paris 1939; trad. it. di A. Bonomi,<br />

Idee per una teoria delle emozioni, in Id., L'immaginazione, Bompiani, Milano 1962, pp. 109-<br />

152, qui p. 136: «Una condotta irriflessa non è una condotta inconscia, ma è autocosciente nonteticamente<br />

e la sua maniera di essere teticamente autocosciente è quella di trascendersi e di<br />

cogliersi sul mondo come una qualità di cose. Si possono così comprendere tutte le esigenze e le<br />

tensioni del mondo che ci circonda e si può anche redigere una carta "odologica" della nostra<br />

Umwelt, carta che varia in funzione dei nostri atti e delle nostre necessità».<br />

230 E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale<br />

Phänomenologie, in Husserliana, Bd. VI, hrsg. v. W. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag 1959,<br />

p. 145; trad. it. di E. Filippini, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale,<br />

il Saggiatore, Milano 1997, p. 170; ma pure, al successivo § 38, si osserva: «(...) questo elemento<br />

generalissimo della vita desta è dapprima soltanto la cornice formale [die formale Rahmen] entro<br />

cui sono possibili le differenze nei modi di attuazione di questa vita, in quanto essa ha in ogni<br />

caso un mondo già dato e oggetti dati in questo orizzonte. Esso determina, possiamo anche dire, i<br />

diversi modi in cui noi siamo desti di fronte al mondo e di fronte agli oggetti nel mondo» (p. 146;<br />

trad. it. p. 171). E. Paci, considerando nel suo analitico commento alla Krisis codesto paragrafo,<br />

rileva assai efficacemente che qui Husserl «osserva due modi diversi di considerare la vita desta,<br />

Wachleben, nel quadro generale in cui viene vissuta la Lebenswelt. Il primo modo, che precede<br />

l'altro, è la vita interna all'orizzonte del mondo. Il secondo modo è la coscienza che noi abbiamo<br />

di come a noi si presenta tutto ciò che sperimentiamo all'interno dell'orizzonte del mondo. (...) Il<br />

primo modo è ontico; il secondo è ontologico. (...). Nel primo sperimentiamo inconsapevolmente<br />

più di quello che nel secondo diventa cosciente come operazione soggettiva. (...) Ciò che a<br />

Husserl interessa far notare è che nella riflessione io colgo il mondo che è anteriore alla<br />

riflessione, il mondo che vivo ed esperisco anche prima di riflettere» (Id., Funzione delle scienze<br />

e significato dell'uomo, il Saggiatore, Milano 1963, pp. 76-77 passim).<br />

231 E. Lévinas, De l'existence à l'existant, Vrin, Paris 1984; trad. it. di F. Sossi, Dall'esistenza<br />

all'esistente, Marietti, Genova 1997, pp. 59-60 passim: «La vigilanza è assolutamente priva di<br />

oggetti. Il che non significa che essa è esperienza del nulla (...). È il ritorno stesso della presenza<br />

nel vuoto lasciato dall'assenza, non il ritorno di qualcosa, ma di una presenza; è il risveglio dell'il<br />

y a in seno alla negazione, una infallibilità dell'essere in cui l'opera d'essere non si rilassa mai.<br />

(...). Nell'insonnia, non sono io che vigilo la notte, è la notte stessa che veglia. (...). Più che il<br />

soggetto, io sono, per dir così, l'oggetto di un pensiero anonimo». P. Rovatti, nella premessa<br />

all'edizione italiana di quest'opera, spiega ulteriormente che «l'insonnia è un vigilare ancora<br />

impersonale, ma già soggettivo. Il risveglio non potrà essere un'interruzione dell'insonnia:<br />

l'interruzione dell'insonnia è una caduta nel sonno, il sonno del giorno e della luce, l'illusione di<br />

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