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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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icordo si dischiuda nell’attualità del presente; ovvero, che una forma originaria<br />

di ricordo, estranea ad ogni connotazione temporale, irrompa nell’immediato<br />

d’una instantaneità crono-logicamente determinata 676 . L’introdursi del nuovo del<br />

ricordo all’interno della durata temporale non dovrebbe, però, immediatamente<br />

paragonarsi all’accezione di “nouveau” che si riscontra in Baudelaire. Questi,<br />

come pure osserva Adorno, è così tanto propenso alla novità da non saper più<br />

riconoscere che, se irrigidita in schema gnoseologico, l’originalità dell’evento<br />

tende a modificarsi al punto da replicare l’antico, sicché «il contenuto dello choc<br />

diventa, rispetto al suo valore di stimolo, realmente indifferente» 677 . Nondimeno,<br />

seguendo le indicazioni che Proust consegna in À propos de Baudelaire, si<br />

potranno rettificare gli assunti adorniani, osservando che il poeta francese si<br />

preserva da una fascinazione meramente passiva, dal momento che la virtù<br />

dell’immagine è fatta ancor salva grazie alla sua ascrizione in una «singolare<br />

sezione del tempo» staccata dal tempo 678 . Ne deriva l’esigenza di distinguere, nel<br />

sempre diverso sempreuguale che tiene dietro alla rottura d’ogni protezione<br />

contro gli stimoli 679 , il contenuto di esperienze sottratte all’ordine temporale, ma<br />

676 Come giustamente osserva G. Colli, «dove si ricorda qualcosa che ha una durata, il ricordo<br />

non è di primo grado. Si ha qui l’espressione di un qualcosa che ancora non è immediatezza, ma<br />

esso stesso espressione, poiché ciò che ha durata è nel tempo, e il tempo è nella rappresentazione.<br />

Il ricordo primitivo esprime ciò che non è soltanto al di fuori dello spazio, ma anche del tempo:<br />

la memoria riguarda allora un qualcosa senza durata, l’abisso che si apre entro il tessuto<br />

temporale» (Id., Filosofia dell’espressione, Adelphi, Milano 1996, p. 38).<br />

677 T. W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 290. Ma è ancora W. Benjamin a tematizzare<br />

primariamente codeste annotazioni di Adorno. Segnatamente, nel saggio Über einige Motive bei<br />

Baudelaire, egli sottolinea come Baudelaire abbia posto al centro della propria esperienza poetica<br />

il tema dello choc, come esemplarmente dimostrerebbe il poema Le soleil, contenuto nei Fleurs<br />

du mal («Lungo i vecchi sobborghi, che a lussurie segrete/dietro imposte cadenti dànno<br />

asilo,/quando raddoppia il sole i suoi dardi crudeli/sulla città e sui campi, sui tetti e sulle spighe,<br />

alla mia scherma fantastica m’esercito, fiutando/a ogni angolo gli azzardi della rima,/e come in<br />

sassi incespico in parole/per imbattermi, a volte, in un verso sognato (…)»: C. Baudelaire, I fiori<br />

del male, cit., p. 171), onde emanciparsi dalle “esperienze vissute”, che irrigidiscono il contenuto<br />

dell’evento e non consentono una sua esatta collocazione temporale nella coscienza (Id.,<br />

Gesammelte Schriften, Bd. 1, Teil 2, hrsg. v. R. Tiedemann, H. Schweppenhäuser, Suhrkamp,<br />

Frankfurt a. M. 1991; trad. it. di R. Solmi, Di alcuni motivi in Baudelaire, in W. Benjamin,<br />

Opere complete, vol. 7, cit., pp. 378-415, in part. pp. 384-385).<br />

678 M. Proust, À propos de Baudelaire, in Essais et articles, cit., pp. 618-639, qui p. 628; trad. it.<br />

di P. Serini, A proposito di Baudelaire, in Scritti mondani e letterari, cit., pp. 571-592, qui p.<br />

581. Scrive, chiosando queste pagine proustiane, Benjamin che «questi giorni significativi sono<br />

quelli del tempo che adempie, per dirla con Joubert. Sono i giorni del ricordo. Non sono<br />

contrassegnati da alcuna esperienza contingente; non sono in compagnia degli altri, ma si<br />

staccano, invece, dal tempo» (Id., Di alcuni motivi in Baudelaire, cit., p. 403).<br />

679 Cfr. W. Benjamin, Parco centrale, cit., p. 193: «La poesia di Baudelaire fa apparire il nuovo<br />

nel sempreuguale e il sempreuguale nel nuovo». Per un’ermeneusi complessiva del rapporto fra<br />

Benjamin e Baudelaire, si veda C. Buci-Glucksmann, La raison baroque, Galilée, Paris 1984;<br />

trad. it. di C. Gazzelli, La ragione barocca, Costa & Nolan, Genova 1992, in part. pp. 57-65,<br />

nonché G. Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Einaudi, Torino<br />

2006, la seconda parte e segnatamente le pp. 49-54; mentre, per una particolare messa a tema<br />

della nozione di “correspondance”, cifra di codesto rapporto, si rinvia a B. Schlossman,<br />

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