PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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prospettiva 1122 . Quanto cioè si rende opportuno mettere a tema è il processo<br />
mnestico che vede la pretta contemporaneità del reale incrociarsi con il passato<br />
extratemporale che in essa latita 1123 , e di cui i diversi gradi della senescenza<br />
possono considerarsi l’esteriore epifenomeno 1124 . L’incidenza della memoria<br />
involontaria sul corso degli eventi che si consumano sempre nuovi sotto il segno<br />
dell’essere qui ed ora, nega, attraverso il «culto del rimpianto», ogni corso di<br />
validità al presente 1125 , ed in pari tempo ispira una forma di melanconia nella<br />
quale essere, ente e niente si trovano reciprocamente coinvolti e contagiati 1126 .<br />
Sotto questo punto di vista, il giudizio che Edmund Wilson traeva dalla lettura<br />
del capolavoro proustiano, l’essere «uno dei libri più melanconici che siano mai<br />
stati scritti», può ricevere giustificazione non solo da mere notazioni riguardanti<br />
la biografia dell’autore, dal suo essere affetto da infermità fisiche e psicologiche<br />
assai dolorose 1127 , ma deve considersi soprattutto alla luce dei presupposti che<br />
reggono l’intera sua scrittura, la quale, se sintatticamente imita il ritmo di chi si<br />
sente colto da dispnea 1128 , è altresì vero che semanticamente è impegnata nella<br />
decifrazione di quella verità del passato che, resuscitata in modo affatto fortuito,<br />
si accompagna con «infallibile proporzione di luce e d’ombra, di rilievo e<br />
d’omissione, di ricordo e d’oblio» all’insieme delle impressioni che ci sono in<br />
ogni momento contemporanee 1129 .<br />
Una ipostasi di codeste impressioni è emblematicamente rappresentata e<br />
riassunta nello sguardo che Bergotte indirizza alla Veduta di Delft di<br />
1122 G. Poulet, Proust, in Id., La pensée indéterminée. II Du Romantisme au début du XX siècle,<br />
Puf, Paris 1987, pp. 243-257, qui pp. 252-253.<br />
1123 Cfr. M. Proust, Projets de préface, in Id., Contre Saint-Beuve, cit., pp. 216-217; trad. it. p.<br />
11: «Appena morta ogni ora della nostra vita è andata, come le anime di una antica credenza, ad<br />
incarnarsi in qualche oggetto, in qualche particella di materia, e vi resterà prigioniera sino a che<br />
noi non ci imbatteremo in quell’oggetto. Allora verrà liberata…».<br />
1124 W. Benjamin, Per un ritratto di Proust, cit., p. 37, appuntava a questo proposito: «seguire il<br />
contrappunto di senescenza e ricordo significa penetrare nel cuore del mondi di Proust,<br />
nell’universo dell’intreccio».<br />
1125 M. Proust, Sodome et Gomorrhe, cit., p. 166; trad. it. p. 924.<br />
1126 H. Maldiney, Pensare l’uomo e la follia, cit., dopo aver constatato come il melanconico viva<br />
in un tempo compiuto, ossia in un tempo trattenuto e gravato dal precedente (Ivi, pp. 56-57),<br />
osserva ch’egli «aspira all’assenza assoluta, ma lo scacco del suo tentativo si confonde con la<br />
ragione del suo progetto: tenta di sfuggire a quella positività del niente, che è ritorno indefinito<br />
del suo essere in se stesso. Volendo sottrarsi al cumulo incombente dell’ineluttabile, egli si<br />
dischiude all’aperto di un’assenza assoluta. Ma il niente cui aspira è soggetto al circolo di un<br />
eterno ritorno, in cui non si dà distanza né prossimità» (Ivi, p. 67).<br />
1127 E. Wilson, Axel’s Castle. A Study in the Imaginative Literature of 1870-1930, Scribner’s,<br />
New York 1931; trad. it. di M. e L. Bulgheroni, Il castello di Axel. Studio sugli sviluppi del<br />
simbolismo tra il 1870 e il 1930, il Saggiatore, Milano 1965, p. 151.<br />
1128 Cfr. W. Benjamin, Per un ritratto di Proust, cit., p. 39.<br />
1129 M. Proust, Le Temps retrouvé, cit., pp. 457-458; trad. it. p. 558. Come, sulla scorta di questo<br />
passo osserva J.-Y. Pouilloux, «l’impressione inizialmente richiede d’essere tradotta, ossia essa<br />
non si offre come un istante d’epifania sufficiente, ma all’opposto impone un lavoro di<br />
spiegazione e di trascrizione, una “difficile…decifrazione”» (Id., Proust, toujours, in «Critique»,<br />
548-549, 1993, pp. 89-102, qui pp. 92-93).<br />
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