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PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA

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agione di una morte che è nelle cose e nell’io stesso come un a priori la cui<br />

imminenza è in precessione rispetto a se stessa, in quanto assoluta transpossibilità<br />

d’ogni presenza e d’ogni assenza determinabili fenomenologicamente.<br />

Trenodie husserliane<br />

Nella Recherche parrebbe potersi riconoscere l’invecchiare, nell’istante,<br />

di una intera vita umana 1169 , attraverso una deiscenza che vede il soggetto essere<br />

non mero testimone della senescenza della propria persona e dell’universo che la<br />

circonda, ma la Morte stessa di ciò che muore 1170 , sicché la morte sarebbe<br />

strutturalmente coinvolta nelle risorse di senso che precedono l’ordine<br />

dell’oggettivo. Il procedere in codesta direzione equivarrebbe ad eleggere lo<br />

spazio del soggettivo come «la forma pura e nuda del vuoto fra forme nude» 1171 ,<br />

con la conseguenza che, qualora si volesse definire, attraverso un atto<br />

intenzionale 1172 , l’orizzonte oggettivo nella sua coincidenza,<br />

fenomenologicamente prescritta 1173 , con l’oggetto intenzionale, si dovrebbe<br />

constatare non già il determinarsi di una neutralità ontologica, ma di una steresi<br />

ontologica 1174 .<br />

Nel rimarcare da parte di Husserl il fatto che, diversamente da quanto<br />

interno», sovrainvestimento che si traduce, grazie al recupero dei ricordi e delle qualità di ciò che<br />

è scomparso, in un arrichimento delle rappresentazioni soggettive (Id., Marcel Proust: une<br />

douleur si intense, L’Harmattan, Paris 2000, in part. pp. 201-232, qui p. 217).<br />

1169<br />

W. Benjamin, Per un ritratto di Proust, cit., p. 37.<br />

1170<br />

Cfr. A. De Lattre, Le personnage proustien, Corti, Paris 1984, p. 59.<br />

1171<br />

Ivi, p. 60.<br />

1172<br />

Ossia attraverso un atto che veda «la riflessione sull’io [intrecciata] con la riflessione sul<br />

vissuto-atto, formando un atto referenziale in cui l’io stesso si manifesta come un io che si<br />

riferisce all’oggetto per mezzo dell’atto» (E. Husserl, Logische Untersuchungen, Zweiter Band:<br />

Untersuchungen zur Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis. Zweiter Teil, cit., p. 391; trad.<br />

it. p. 167).<br />

1173<br />

Cfr. Ivi, p. 439; trad. it. p. 208: «L’oggetto intenzionale della rappresentazione è lo stesso<br />

oggetto reale ed effettivo, che le è eventualmente dato come esterno, ed è assurdo distinguere tra<br />

l’uno e l’altro». V. De Palma, Il soggetto e l’esperienza, cit., p. 187, ha ben riassunto questo<br />

snodo della riflessione husserliana, osservando come «l’immanente è trascendentale rispetto al<br />

trascendente, cioè costitutivo di esso, poiché il trascendente (cioè l’oggettuale) si costituisce<br />

nell’immanenza del flusso coscienziale, e precisamente mediante l’apprensione di vissuti<br />

immanenti (i quali soltanto sono presenti e dati in senso proprio) da parte di atti altrettanto<br />

immanenti». Ma cfr. pure Id., Ist Husserls Phänomenologie ein transzendentaler Idealismus?, in<br />

«Husserl Studies», 21, 2005, pp. 183-206.<br />

1174<br />

Di una “neutralità ontologica” quale cifra dell’atteggiamento di Husserl, almeno all’altezza<br />

delle Logische Untersuchungen parla D. Zahavi, Constitution and ontology: some remarks on<br />

Husserl’s ontological position in the Logical Investigation, in «Husserl Studies», 9, 1992, pp.<br />

111-124, in part. p. 119. Per quest’interprete Husserl riterrebbe il mondo essere sempre quale ci<br />

appare nel modo della coscienza, sicché cercare un mondo che si ponga autonomamente dietro a<br />

ciò che appare sarebbe un controsenso.<br />

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