PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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consentirebbe alla riflessione fenomenologica l’esibizione, «in una integrazione<br />
meontica», non solo di quei paradossi «che nascono dall’esposizione dell’essere<br />
della soggettività trascendentale al tempo, o (…) dal collegare la fatticità della<br />
soggettività trascendentale alla sua individuazione» 630 , ovvero di quei paradossi<br />
che si sono messi in luce stabilendo la possibilità che il “vedere”, in quanto gesto<br />
metodologico fondamentale, si effettui soltanto in quanto non-vedere, ma anche<br />
di una dimensione di identità fenomenale temporalmente originaria, che si<br />
costituisce nell’intervallo della differenza tra presenza e assenza, al pari di ogni<br />
altro oggetto intenzionato 631 .<br />
Scriveva in una intensa pagina di Phénoménologie de la perception,<br />
Maurice Merleau-Ponty:<br />
«Si dirà forse che una contraddizione non può essere messa al centro della filosofia e che, non<br />
essendo in definitiva pensabili, tutte le nostre descrizioni non significano un bel nulla.<br />
L’obiezione sarebbe valida se ci limitassimo a ritrovare sotto il nome di fenomeno o di campo<br />
fenomenico uno strato di esperienze prelogiche o magiche. Infatti, si dovrebbe allora scegliere o<br />
di credere alle descrizioni e di rinunciare a pensare, o di sapere ciò che si dice e di rinunciare alle<br />
descrizioni. Queste descrizioni devono essere per noi l’occasione di definire una comprensione e<br />
una riflessione più radicali del pensiero oggettivo. Alla fenomenologia intesa come descrizione<br />
diretta deve aggiungersi una fenomenologia della fenomenologia. Dobbiamo ritornare al cogito<br />
per cercarvi un Logos più fondamentale di quello del pensiero oggettivo, che ne riconosca la<br />
validità relativa e in pari tempo lo riconduca al posto che gli compete. Sul piano dell’essere non<br />
si comprenderà mai come il soggetto sia insieme naturante e naturato, infinito e finito. Ma se<br />
sotto il soggetto troviamo il tempo, e se ricolleghiamo al paradosso del tempo quelli del corpo,<br />
del mondo, della cosa e dell’altro, comprenderemo che al di là non c’è più nulla da<br />
comprendere» 632 .<br />
Come si è cercato di dimostrare è propriamente sul limite di tale contraddizione<br />
del tempo che si articola l’intera cronologia a-cronica della Recherche, la quale<br />
giunge alla propria determinazione solo nell’entre-deux che si instaura fra la fine<br />
del libro in quanto tale e il suo potenziale inizio narrativo. Nell’intervallo che si<br />
it. di B. Bellotto e D. De Agostini, Materia, senso, dialettica, in J. Kristeva, Materia e senso.<br />
Pratiche significanti e teoria del linguaggio, Einaudi, Torino 1980, pp. 27-52, qui pp. 37-38).<br />
630 G. van Kerckhoven, Mondanizzazione e individuazione, cit., p. 106.<br />
631 Sulla scorta della I sezione e del § 13 della II sezione della Sesta ricerca logica, R. Sokolowski<br />
ha fatto notare che le intenzioni vuote e quelle piene trovano la propria unità entro la nozione di<br />
identità. Entrambe codeste intenzioni sono, infatti, due momenti della coscienza dell’identità<br />
(Cfr. specialmente E. Husserl, Logische Untersuchungen, Zweiter Band: Untersuchungen zur<br />
Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis. Zweiter Teil, cit., pp. 566-570; trad. it. pp. 331-<br />
335, § 8). L’intenzionalità, a sua volta, non è una intenzione vuota; essa, al contrario, tende a<br />
contenenere sia le intenzioni vuote che quelle piene come momenti mutualmente dipendenti (Ivi,<br />
pp. 582-586; trad. it. pp. 348-352, § 13). Ne discende che il medesimo oggetto è significato tanto<br />
in modo vuoto che in modo pieno: «l’oggetto è un intero con i due momenti d’essere significati<br />
in presenza e in assenza. L’oggetto presente è ciò che è soltanto in contrasto e in congiunzione<br />
con lo stesso oggetto come assente, e vice versa. L’identità oggettuale viene ad essere presentata<br />
all’interno delle differenze fra presenza e assenza. Essa si fonda su queste differenze ed è una<br />
loro terza dimensione» (Id., Cartesian Meditations, cit., pp. 21-22).<br />
632 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 472.<br />
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