PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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trasposta o deformata, declinandosi in «un passato che si deve pensare come<br />
stazionario [welches als stille stehend gedacht werden kann]» 659 , il romanzo<br />
moderno tende a proiettarsi su uno sfondo perennemente aperto su una<br />
prospettiva temporale nella quale la incessante e mutevole introspezione della<br />
coscienza dei personaggi procede parallelamente ad una stratificazione del<br />
tempo 660 . A ben vedere di ciò si trova conferma – pur tenendo conto delle<br />
notazioni di segno opposto consegnate da Lukács a Die Tragödie der modernen<br />
Kunst – anche nell’opera di Mann, il quale, in Der Zauberberg, si proporrà di<br />
svolgere il tema del tempo «in due sensi: anzitutto sul piano storico», cercando<br />
«di delineare l’interiore immagine di un’epoca, quella dell’anteguerra europeo»,<br />
ed in secondo luogo, trattando del tempo puro, in sé e per sé considerato, a<br />
prescindere dall’esperienza del protagonista 661 . E sebbene si possa con difficoltà<br />
659 Così si esprimeva Schiller nella lettera a Goethe del 26 dicembre 1797, nella quale, più<br />
distesamente, si affermava: «L’azione drammatica si svolge davanti a me, io mi trovo<br />
rigidamente vincolato al presente, la mia fantasia perde ogni libertà, nasce e si mantiene in me<br />
una certa inquietitudine, sono costretto ad avere sempre presente l’oggetto, e mi è vietato ogni<br />
ricordo, ogni riflessione, perché obbedisco ad una forza estranea. Se invece mi muovo intorno ad<br />
avvenimenti che non possono sfuggirmi, mi pongo in grado di procedere con piede ineguale, di<br />
indugiare più o meno a lungo secondo i bisogni del mio spirito, di tornare indietro o di fare<br />
anticipazioni e così via. Ciò si accorda molto bene anche con l’idea del passato, che si deve<br />
pensare come stazionario, e con il concetto di narrazione: perché il narratore conosce fin da<br />
principio la conclusione, e di conseguenza tutti i momenti dell’azione sono per lui equivalenti, e<br />
gli è facile conservare una serena libertà. Mi sembra evidente che il poeta epico debba trattare gli<br />
avvenimenti come se fossero completamente nel passato, e il drammatico come se fossero<br />
presenti» (J. W. Goethe-J. Schiller, Briefwechsel, hrsg. v. H. G. Gräff, A. Leitzmann, Insel<br />
Verlag, Leipzig 1912; ed. it. a c. di A. Santangelo, Carteggio, Einaudi, Torino 1946, pp. 218-<br />
219). Ma così pure ha osservato E. Auerbach, commentando l’episodio della cicatrice di Ulisse<br />
narrato nel canto XIX dell’Odissea, dove può con la maggiore chiarezza possibile riscontrarsi<br />
come gli eroi omerici non abbiano «alcuno sviluppo e la loro storia presenti un unico aspetto»,<br />
anche quando ad essere descritto è l’elemento corporale (Id., Mimesis, cit., vol. 1, pp. 3-29, qui p.<br />
20). Ciò, d’altronde, si concilia con un principio narratologico che vuole l’epopea sempre «scritta<br />
al perfetto, tempo del passato eternamente presente ed eternamente ricominciato» e dal quale<br />
ogni elemento di novità è bandito e lo stesso attuale «rinvia ad un passato eterno, il solo che gli<br />
fornisce un significato intelligibile» (M. Roberts, L’ancien et le nouveau, Grasset, Paris 1963;<br />
trad. it. di D. e G. Tarizzo, L’antico e il nuovo, Rizzoli, Milano 1969, p. 96).<br />
660 Cfr. E. Auerbach, Mimesis, cit., vol. 2, pp. 305-338, nonché, in una ottica improntata ad una<br />
estetica fenomenologica, R. Ingarden, Das literarische Kunstwerk, Niemeyer, Tübingen 1960;<br />
trad. it. di G. Brozich Lipizer e S. Checconi, Fenomenologia dell’opera letteraria, Silva, Milano<br />
1968, in part. pp. 402-418. Basterà d’altronde osservare, a titolo esemplificativo, lo “Schema<br />
Linati”, trasmesso nel 1920 da J. Joyce all’amico C. Linati per spiegare la distribuzione dei<br />
diversi episodi dell’Ulysses nell’arco dell’intera giornata del 16 giugno 1904, secondo una logica<br />
che affermava la necessità di pensare «una mobilità di forme illusorie immobilizzate in spazio,<br />
rimobilizzate in aria: un passato che possibilmente aveva cessato di esistere quale presente prima<br />
che i suoi probabili spettatori avessero raggiunto la loro attuale presente esistenza» (cfr. J. Joyce,<br />
Ulysses, Shakespeare & Co., Paris 1922; trad. it. di B. Flecchia, Ulisse, Shakespeare & Co.,<br />
Firenze 1995, pp. 541 e 680).<br />
661 T. Mann, Einführung in den Zauberberg, in Id., Die Zauberberg, Fischer, Berlin 1950; trad. it.<br />
di E. Pocar, “La montagna incantata”. Lezione per gli studenti dell’università di Princeton, in T.<br />
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