PENSIERO E SENSO NELL'ESPERIENZA ... - FedOA
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tuttavia, trascurare alcune puntualizzazioni che Husserl stesso compie in alcune<br />
sue pagine, a cominciare da quelle ispirate dall’interrogarsi sul modo in cui l’Io,<br />
pur inteso come Urstand di tutte le oggettività, possa essere colto dalla<br />
coscienza 931 . La soluzione avanzata dal filosofo tende a tenere sì fermo che l’io<br />
non sia accessibile immediatamente, ma nondimeno vuole sottolineare come<br />
attraverso i suoi atti e le sue affezioni esso possa essere «localizzato» 932 . A tal<br />
fine Husserl intende tenere distinto il “divenire” dell’”agire” e dell’”essere<br />
affetti” rispetto ad ogni altro contenuto di sensazione 933 . La dinamica di questo<br />
processo è da Husserl spiegata a partire dal fatto che «l’io riflettente diviene<br />
gradualmente solo un oggetto attraverso una nuova riflessione, la quale ha in<br />
modo irriflesso l’io come soggetto, ed ogni riflessione diviene evidente nella<br />
riflessione superiore come entrante e continuante nel tempo immanente» 934 . Più<br />
estesamente il dettato husserliano afferma:<br />
«In senso temporale prima del cogito, però, la riflessione trova eventualmente un tratto<br />
dell’affezione, dello stimolo di una affettività non colta dall’io, che in conseguenza di ciò non<br />
vive nel cogito. Oggetti del tempo immanente sono percettibili, ma non sono notati, essi sono<br />
oggetti non-colti; e il volgimento, nel quale l’io passa nel percepire, è a sua volta un processo<br />
percettibile, che viene eventualmente osservato in seguito. Ogni coglimento dà l’oggetto colto<br />
insieme a un orizzonte di prima, e ci si imbatte oltre a ciò pure continuamente in un non-colto.<br />
L’io non è continuamente per tutta la durata del suo intero tempo immanente un io cogliente, e<br />
anche ammesso ch’esso sia tale, rimane sempre un orizzonte di non-colto. Il non-colto è<br />
mêmes”, in Phénoménologie française et Phénoménologie allemande. Deutsche und<br />
Französische Phänomenologie, éd. par E. Escoubas, B. Waldenfels, L’Harmattan, Paris 2000, pp.<br />
17-37.<br />
931 E. Husserl, Die Bernauer Manuskripte über das Zeitbewusstsein, cit., p. 278: «Quanto è dato<br />
in modo essenziale è che nel flusso del vissuto tali cose appaiono e possono nuovamente<br />
apparire, il che ha un totalmente altro divenire rispetto alle altre cose proprie del vissuto, un<br />
divenire, che non solo è dato come un “qualcosa accade” e che può venire ripetuto in modo<br />
riproduttivo, ma è dato come “io faccio qualcosa”, “io sono affetto da qualcosa”. O piuttosto<br />
previamente: qualcosa è dato con il suo carattere irritante (stimolo, fischio irritante) o con un<br />
carattere del “formato”, della prestazione, e ciò ora rimanda ad un correlato, ad una coessenza,<br />
che risiede in una nuova dimensione, per l’appunto “io faccio questo”, “io eseguo l’opera”, e qui<br />
noi ci imbattiamo nel polo, in un identico, che non è a sua volta temporale».<br />
932 Ivi, p. 280.<br />
933 Cfr. ivi, p. 323: «Non c’è una radicale differenza fra la durata e in generale l’esistenza di una<br />
“coscienza-di”, e specialmente di quella d’un atto agente rispetto all’esistenza di un dato iletico<br />
nel tempo immanente?». Per T. Kortooms lo specifico processo del divenire delle affettazioni e<br />
delle azioni gioca un ruolo centrale nella prospettiva d’una fenomenologia genetica. «La<br />
distinzione fra questo processo e il processo del divenire dei dati di sensazione risiede nel fatto<br />
che quest’ultimo è più o meno meccanico, automatico. Per esempio, il processo che incardina un<br />
contenuto di sensazione entro un oggetto temporale immanente non può avere luogo più<br />
velocemente o più lentamente. E neppure esso ha alcuna attinenza con la velocità con cui una<br />
ritenzione intuitiva diventa una ritenzione vuota, ecc. Tutto ciò non si applica allo specifico<br />
divenire delle affezioni e delle azioni. Poiché l’io è coinvolto in questo divenire, esso va<br />
riguardato come un processo dinamico» (Id., Phenomenology of Time, p. 213).<br />
934 E. Husserl, Die Bernauer Manuskripte über das Zeitbewusstsein, cit., p. 284.<br />
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